Antibiotici, serve finire il ciclo? Lo studio e le valutazioni contrarie

VEB

Finire il ciclo per gli antibiotici serve o no? Lo studio e le valutazioni contrarie.

Siccome di polemiche non ce ne sono mai abbastanza, anche nel mondo della medicina e della salute, ecco che puntuale ne arriva un’altra.

Ma stavolta non derivano da medici che hanno più o meno l’autorevolezza di un ciarlatano, o di studi improvvisati, fatti non si sa bene da chi e come; stavolta si tratta di una polemica nata su una ricerca pubblicata addirittura sul prestigiosissimo British Medical Journal.

E riguarda gli antibiotici. Posto che gli antibiotici servono e in alcuni casi diventano indispensabili, e posto che, come ogni altro medicinale, hanno le loro controindicazioni, pensavamo che alcune modalità di assunzione di questi farmaci fossero assolutamente pacifiche.

Una di queste è quella specie di mantra che ci dice che se si comincia la cura con l’antibiotico, questa deve essere portata a termine fino all’ultima pasticca.

L’altro mantra era, se non ricordiamo male, che insieme agli antibiotici, o almeno a certi tipi di antibiotici, bisognava assumere per compensazione anche una certa dose di vitamine.

Cosa quest’ultima, smentita, pare, da recenti ricerche. Per quel che riguarda invece la durata del ciclo di somministrazione degli antibiotici, un gruppo di esperti inglesi dice invece che l’utilizzazione di antibiotici per periodi più o meno lunghi, favorirebbe l’insorgenza di resistenze a questi medicinali.

A causa di ciò, per paradosso, sarebbe meglio operare una sospensione nel momento in cui ci si comincia a sentire meglio o comunque gli antibiotici cominciano a fare effetto.

Antonio Clavenna, farmacologo dell’Istituto Mario Negri, osserva in proposito: “Si tratta di un fenomeno definito collateral selection, vale a dire che specie batteriche che abitano nel nostro organismo possono sviluppare una resistenza agli antibiotici durante una terapia indirizzata verso altri microorganismi patogeni”.

“È un pericolo, prosegue Clavenna, conosciuto e presente in ogni terapia antibiotica, che a differenza della target selection aumenta effettivamente con l’aumentare della durata del ciclo di antibiotici. È quando vengono prescritti antibiotici più potenti, la cosiddetta seconda linea, che possono nascere i problemi”.

“In questo caso – continua il farmacologo -, anche tre giorni in più possono rappresentare un pericolo. In ospedale disponiamo già adesso di test e biomarker che permettono di constatare in tempo reale l’efficacia dei farmaci, e di sospendere la terapia al momento più opportuno”.

Insomma, col tempo capiremo se la tesi della sospensione anticipata risulterà valida, e soprattutto in quali casi. Per ora è sempre bene attenersi alle indicazioni del medico e a quelle contenute nel famigerato bugiardino.

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