Cervello batte al ritmo del nostro cuore

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Il nostro cervello è l’oggetto più complesso e misterioso che si conosca: 1.300-1.500 grammi di tessuto gelatinoso, composto da 100 miliardi di cellule (i neuroni) ognuna delle quali sviluppa in media 10 mila connessioni con le cellule vicine.

Durante la vita fetale, l’organismo produce non meno di 250 mila neuroni al minuto. Ma 15-30 giorni prima della nascita, la produzione si blocca e per il cervello comincia una seconda fase che durerà per tutta la vita: la creazione di connessioni tra le cellule.

In questo processo, le cellule che falliscono le connessioni vengono eliminate, tanto che al momento della nascita sono già dimezzate. La moria diviene imponente dai 30-40 anni quando, senza che l’organismo le sostituisca, le cellule cerebrali cominciano a morire al ritmo di 100 mila al giorno, circa 1 al secondo.

Del cervello, negli ultimi decenni, abbiamo scoperto molti meccanismi, ed altrettanti sono ancora da sondare ma ora sappiamo una cosa in più, una scoperta assolutamente sorprendente.

A quanto pare il cervello umano “batte” a tempo con il cuore: lo hanno scoperto i ricercatori dello Stevens Institute of Technology del New Jersey che, insieme a quelli dell’Università di Auckland e della Stanford University, hanno sviluppato una tecnica di imaging che cattura il cervello in movimento, in tempo reale.

I movimenti minuscoli hanno la larghezza di un capello. Le tecniche di risonanza magnetica standard hanno difficoltà a catturarli e visualizzarli e così sono stati amplificati a computer per renderli facilmente visibili.

Nello specifico, gli studiosi, coordinati dalla professoressa Samantha Holdsworth, docente presso la Facoltà di Scienze Mediche e della Salute dell’ateneo neozelandese, negli ultimi due anni hanno perfezionato una tecnica chiamata risonanza magnetica amplificata (aMRI), dimostrando che il suo aggiornamento può essere molto utile sotto il profilo diagnostico.

In parole semplici, dopo aver applicato un pulsometro in grado di coordinare il battito cardiaco dei pazienti con le scansioni cerebrali, lo hanno integrato con un algoritmo sviluppato presso il Massachusetts Institute of Technology – il famoso MIT – che amplifica il movimento dei video in tempo reale.

Il risultato finale mantiene tutte le caratteristiche di una comune risonanza magnetica, ma in più esalta il movimento compiuto dal cervello, sotto la spinta del sangue che pompa dal cuore.

Per dimostrarne i benefici diagnostici, Holdsworth e colleghi hanno effettuato una risonanza magnetica amplificata basata su fasi (il nome della tecnica aggiornata) a due persone, una sana e una colpita da una condizione chiamata Malformazione di Chiari 1, un’affezione neurologica che comporta compressione del cervelletto e del midollo spinale a causa del loro posizionamento anomalo. Mettendo a confronto i due cervelli pulsanti, è stato dimostrato che quello del paziente affetto dalla malattia evidenzia movimenti maggiori in due specifiche aree.

«È una prova di concetto – afferma Mehmet Kurt, ingegnere biomeccanico dello Stevens – Abbiamo voluto vedere se siamo in grado di amplificare i piccoli movimenti del cervello ad ogni battito cardiaco e catturare quel movimento. Una migliore visualizzazione e comprensione delle proprietà biomeccaniche del cervello potrebbe portare a una diagnosi precoce e al monitoraggio dei disturbi cerebrali e, addirittura, alla progettazione di caschi migliori per proteggere la nostra testa».

La scoperta ha quindi una rilevanza fondamentale per lo studio delle malattie neurologiche.

Al momento naturalmente non si sa cosa potrà cambiare nel mondo della neurologia e se questo risolverà per esempio i problemi legati all’insorgere di emorragie cerebrali. Di certo non c’è però da stupirsi in merito a quello che ci offrono sempre nuove ricerche in merito al cervello, un organo che presenta ancora tanti lati oscuri e che non regala delle certezze nemmeno agli esperti in materia.

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