Napoli si è stretta nel dolore, attorno alla famiglia di un giovanissimo stroncato nel fiore della vita: ieri si sono celebrati i funerali di Gennaro Cesarano, il ragazzo di 17 anni ucciso la notte del 5 settembre a colpi di pistola nella piazza del quartiere.
Non importa quanti precedenti penali avesse, non importa in quale giro fosse coinvolto, non importa che amicizie avesse, Genny era comunque un ragazzino di soli 17 anni, che la città non ha saputo difendere.
Un applauso scrosciante ha rotto il silenzio del quartiere all’arrivo alla chiesa di Santa Maria alla Sanità del feretro, oltre mille persone per dargli l’ultimo saluto, tra cui molti ragazzi che indossando maglie bianche con la scritta ‘Genny vive’, si sono presi per mano sul sagrato.
La stessa scritta è apparsa su un grande striscione sistemato alle spalle dell’altare, lo stesso usato per la fiaccolata organizzata dagli abitanti del quartiere: in quell’occasione fu piantato accanto alla chiesa un ulivo, sui cui rami sono stati poggiati dei cappellini colorati, una maglia e dei lumini.
«Genny vive. Dio non ci manderà i santi a salvarci, dobbiamo dire noi basta. Basta allo spaccio di droga e alla camorra. A Budapest il popolo siriano si è messo in cammino ci dobbiamo provare anche noi. E non ditemi che non è possibile», dice dall’altare il missionario comboniano Alex Zanotelli.
La cerimonia funebre è un grido di dolore per le ferite di «una città divisa tra quartieri eleganti e quartieri problematici come questo. Napoli deve ritrovare la forza di riconciliarsi».