Nebbia, associata all’inquinamento ne raddoppia i rischi

VEB

Sovente diverse zone della nostra penisola, localizzate soprattutto nel nord, sono soggette alla nebbia.

Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale, l’espressione nebbia (indicata FG, dall’inglese fog) si applica quando la visibilità è inferiore ai 1000 metri. Per visibilità da 1000 a 5000 metri si usa foschia.

Nella maggior parte dei casi la nebbia si forma durante periodi dominati da alta pressione, che tende a comprimere lo strato sottostante di aria più fresca/fredda. La Valpadana, e le pianure in genere, sono il luogo ideale dove avviene questo fenomeno.

L’alta pressione di norma contiene aria calda che è più leggera di quella fredda. L’aria calda di un’alta pressione è prevalentemente secca, e l’aria secca è più pesante di quella umida in quanto contiene una maggior percentuale di Azoto: ecco quindi che i banchi si formano, per la “gioia” di tutti coloro che vi si dovranno avventurare attraverso.

La nebbia infatti riduce la visibilità. Sebbene alcuni mezzi di trasporto possano penetrare la nebbia orientandosi con il radar, i veicoli stradali devono viaggiare lentamente e usare più illuminazione. La nebbia localizzata è particolarmente pericolosa, poiché i guidatori possono essere colti di sorpresa.

Ma la situazione diviene ancora più critica quando, accanto alla nebbia, si deve fare i conti anche con l’inquinamento.

L’inquinamento atmosferico può crescere molto – fino a raddoppiare – con l’aiuto della nebbia. Una notizia nefasta quella che viene dall’analisi del Cnr sulla Val Padana, tradizionalmente nebbiosa, sede di numerose industrie e di città molto inquinate.

La presenza di banchi di nebbia, hanno scoperto i ricercatori, influenza la concentrazione del particolato atmosferico. In questa analisi, l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna ha collaborato con la University of Southern California.

Nebbia associata inquinamento ne raddoppia i rischi

In particolare, nell’aerea della Val Padana nei mesi invernali, che sono quelli più critici per quanto riguarda l’inquinamento da particolato atmosferico (PM), si formano estese coltri di nebbia nei bassi strati dell’atmosfera, che finiscono – spiegano dal Cnr – per influenzare concentrazioni e caratteristiche del PM.

«Le goccioline di nebbia catturano particelle di aerosol, provocandone in parte la deposizione, in parte modificandone la composizione chimica, per poi rilasciarle in atmosfera, quando la nebbia si dissipa – precisa Stefano Decesari dell’Isac-Cnr – La nebbia può quindi agire come un reattore in grado di modificare le caratteristiche di tossicità delle sostanze chimiche contenute nel particolato atmosferico (PM), compresi molti inquinanti».

«Da indagini tossicologiche condotte in vitro allo scopo di analizzare lo stress ossidativo in cellule di tessuto polmonare (macrofagi) esposte a estratti di campioni di PM e di acqua di nebbia prelevati presso una stazione rurale della Val Padana è emerso – argomenta il ricercatore – come il potenziale ossidativo (che si ritiene essere responsabile di importanti danni biologici ed associato a numerose patologie croniche) delle sostanze presenti nelle goccioline di nebbia sia più che raddoppiato rispetto a quello delle particelle di PM su cui le stesse goccioline si sono formate. Questo dimostra come le reazioni chimiche che avvengono in nebbia possono condurre a un’amplificazione delle caratteristiche di tossicità dell’aerosol atmosferico. La diminuzione storica della frequenza di nebbia verificatasi negli ultimi trent’anni nelle regioni del bacino padano potrebbe quindi aver portato a un miglioramento della qualità dell’aria di questi territori, confermando il complesso legame che intercorre tra cambiamenti del clima e inquinamento atmosferico».

Ormai è chiaro quindi che l’unica battaglia che vale la pena combattere, pena l’estinzione del genere umano e dell’intero ecosistema terrestre, è quella ambientale.

Ricordiamo che l’esistenza di una relazione tra inquinamento atmosferico e salute fu scoperta e studiata in occasione dell’episodio del Grande smog verificatosi a Londra nel 1952, durante il quale innumerevoli persone affollarono il pronto soccorso degli ospedali per problemi alle vie respiratorie e 4000 morirono per gli effetti dell’inquinamento atmosferico. Oggi sappiamo che, oltre a problemi alle vie respiratorie, l’inquinamento atmosferico produce altri effetti negativi sulla nostra salute. Le categorie più a rischio sono i bambini, gli anziani e le persone con malattie preesistenti delle vie respiratorie o dell’apparato cardiovascolare.

Next Post

Sconnessiday, sempre più giovani italiani sono ritirati sociali

Una recente ricerca ha confermato che tra il 2008 e il 2017 la quota di utenti regolari di internet nella popolazione europea tra 16 e 74 anni è aumentata dal 56 all’81%, con un ordinamento dei paesi non molto differente rispetto all’uso di computer. In Italia, si legge nel Rapporto 2018 […]