Rocco Siffredi, dura lotta contro il demone del sesso

VEB

Non ha mai nascosto che, oltre a rappresentare il suo lavoro, il sesso è stato per molti anni il perno centrale della sua vita, un’ossessione difficile da vincere, un demone interiore che condizionava la sua intera esistenza.

Il pornodivo Rocco Siffredi ancora una volta è tornato a parlare della sua vita e del rapporto controverso col sesso e lo ha fatto  alla 73ma edizione del Festival del cinema di Venezia dove ha presentato il suo documentario autobiografico “Rocco” firmato dai francesi Thierry Demaiziere e Alban Teurlai, in sala con la Bim dal 31 ottobre.

Sullo schermo il protagonista, 52 anni di cui una trentina passati a diventare un mito del cinema a luci rosse, racconta la parte più intima di sé, quella che centinaia di film per adulti non hanno mai mostrato.

«L’ho fatto per sincerità nei confronti dei miei fan: conoscono tutto del mio corpo ma non sanno nulla della mia anima. Esporla davanti alla cinepresa, raccontare la mia vita senza filtri né alterazioni è stato più difficile che apparire nudo», ha raccontato.

Per lui sin dall’età di dodici anni “una vera e proprio ossessione per il sesso, sono stato anche ricoverato per abuso di masturbazioni”, ha detto. In quanto al senso di colpa per il proprio lavoro Siffredi non nasconde di essersi spesso “vergognato, quando tornavo a casa nel guardare negli occhi mia moglie”.

Parla anche della sua forma conclamata di “sesso dipendenza” che ha richiesto cure e “disintossicazione” e che ancora oggi non riesce ad escludere l’immortalità della performance pornografica.

Lo spiega Siffredi nel documentario parlando del recente periodo buio, quando non aveva più freni ed inibizioni: “Il sesso mi ha devastato. Andavo con chiunque: puttane, trans, signore anziane, ma appena iniziavamo l’atto mi apparivano il viso dei miei figli e mia moglie”.

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