Sarà l’oceano a fornirci il cibo del futuro

VEB

Secondo stime delle Nazioni Unite, per alimentare i 2 miliardi e mezzo di persone in più che, in base ad alcune previsioni, popoleranno la Terra nel 2050, bisognerà raddoppiare la produzione mondiale di cibo, ridurre gli sprechi e sperimentare generi alimentari che ad oggi magari ci sembrano strani quando non improponibili.

Del resto le terre coltivabili sono sempre meno, l’acqua pulita scarseggia, i pesci a rischio estinzione abbondano e un miliardo di persone soffre, già ora, di denutrizione cronica. Per garantire cibo a tutti i futuri abitanti della Terra occorrono nuovi modi di ripensare agricoltura, sfruttamento dell’acqua e allevamento, oltre a nuovi alimenti.

Negli ultimi mesi abbiamo avuto già modo, ad esempio, di parlare di insetti, che già vengono consumati in molte zone del globo.

I vermi, insieme a locuste, grilli, formiche e ragni, sono già raccomandati dalla Fao come alternativa sostenibile alla carne: altamente proteici e a basso contenuto di grassi, godono infatti di un vantaggio rispetto ai tradizionali animali da allevamento. Sono piccoli, e questo facilita la loro produzione su vasta scala. Allevarne in grandi quantità avrebbe effetti minimi sull’atmosfera e si potrebbero così sfamare miliardi di persone. Del resto in Africa, Asia e America Latina si consumano già 1400 specie di insetti.

Già si è avuto notizia, inoltre, dell’impresa di Zhikang Li, un botanico cinese specializzato in incroci ed innesti tra piante, ha realizzato una scoperta che potrebbe risolvere i problemi alimentari di centinaia di migliaia di persone: una serie di varietà di riso ultraresistenti, che sopportano bene alluvioni, siccità, parassiti e malattie e producono più chicchi. Per di più, il super riso è stato ottenuto senza l’uso di OGM. Zhikang Li ha incrociato oltre 250 varietà di riso proveniente da 16 paesi diversi per ottenere un tipo di pianta che se diffusa in tutta l’Asia, potrebbe sfamare 100 milioni di persone in più rispetto ad ora.

Sarà l’oceano a fornirci il cibo del futuro

Sara oceano a fornirci il cibo del futuro

Nei prossimi anni è anche presumibile che venga dato sempre maggiore spazio agli alimenti OGM; le biotecnologie, infatti, permettono di generare raccolti più abbondanti e vicini alle esigenze dell’uomo, utilizzando meno risorse (acqua, fertilizzanti, pesticidi) e generando meno inquinanti (si pensi agli interventi agricoli che si potrebbero risparmiare o al venir meno dei trasporti di prodotti oggi coltivabili solo in determinate zone del Pianeta).

Le biotecnologie permetteranno anche di creare della “carne artificiale”, facendola crescere in laboratorio a partire da cellule staminali estratte dai muscoli animali. Tale risultato è già stato ottenuto a livello sperimentale nel 2013, con la “nascita” del primo hamburger artificiale; tuttavia, occorreranno diversi anni prima che sia possibile una produzione industriale su larga scala.

Ma secondo quanto affermato nel rapporto messo a punto per la Commissione Europea da un gruppo di biologi marini delle Accademie delle Scienze dei paesi membri, fra i quali Roberto Danovaro, dell’università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, il cibo del futuro verrà dall’oceano.

Il documento, dal titolo “Food from the Oceans”, sarà alla base della pianificazione delle future priorità politiche e della risorse dell’Ue.

Dal pesce coniglio ai cetrioli di mare, il cibo del futuro arriva dagli oceani ed è afrodisiaco, ricco di antiossidanti e antinfiammatori naturali.

Dobbiamo trovare nuovi modi per nutrire una popolazione globale in rapida crescita, che, secondo le stime, passerà dagli attuali 7 miliardi di persone a circa 10 miliardi entro il 2050” ha detto all’ANSA Danovaro. “La sfida è duplice perché – ha aggiunto – queste nuove strategie dovranno essere corrette sia qualitativamente sia nel modo in cui utilizzeranno le risorse del pianeta, cioè senza eroderle“.

Il rapporto mostra proprio come si potrebbe ottenere più cibo dal mare, senza ‘stressarlo’: gli oceani, infatti ospitano molte risorse che non vengono sfruttate o lo sono solo marginalmente. Fra queste vi sono molte specie di alghe, “che – ha spiegato Danovaro – sono ricchissime di proteine, per esempio ne contengono il 50% in più rispetto ai legumi”.

Il documento, infatti, indica anche che si deve “ri-orientare il consumo”: oltre ai vegetali marini, bisognerà imparare a mangiare anche gli erbivori marini. Secondo il presidente della Stazione Zoologica, “non è più sostenibile per l’ambiente nutrirsi di specie allevate con mangimi a base di pesci oppure di specie pescate che si nutrono di altri pesci”.

Tra gli erbivori marini commestibili, vi sono il pesce coniglio, il pesce pappagallo, le oloturie, cioè i cetrioli di mare. Tutte queste specie, comprese le alghe, hanno un valore nutrizionale altissimo, ha spiegato Danovaro: “sono ricche di antiossidanti e antinfiammatori naturali e contengono anche sostanze afrodisiache”.

Per produrre dal mare i cibi del futuro, infine, ci sarà bisogno anche di ripensare l’acquacoltura, in modo da renderla più sostenibile per l’ambiente, come ad esempio allevando insieme specie in grado di coabitare perché si nutrono in modo diverso.

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