Sebastiano Riso, aggressione omofoba per il regista

VEB

In un paese che si definisce civile, storie del genere non dovremmo star qui a raccontarle, eppure, nonostante siamo nel terzo millennio, ci sono ancora persone che devono essere vittime di violenza, verbale o fisica, per la loro diversità, sia essa fisica, religiosa, di orientamento sessuale.

Sebastiano Riso, regista di Una famiglia, è stato aggredito il 2 ottobre da due uomini nell’androne del palazzo dove abita a Roma in zona Ostiense: un’aggressione omofoba.

Gli aggressori, due uomini, gli hanno infatti urlato insulti omofobi, con chiaro riferimento ad alcuni contenuti del suo film, che è presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia,

Portato al pronto soccorso dell’Ospedale Fatebenefratelli, i medici hanno riscontrato una contusione della parete toracica addominale e un trauma allo zigomo con edema alla cornea con una prognosi 10 giorni.

«Sul viso, nello stomaco e all’altezza dello sterno. Ieri sono stato colpito tre volte, e tre volte mi sento attaccato: come omosessuale, come regista e come persona. Come omosessuale perché, mentre mi colpivano, mi rivolgevano insulti omofobi» ha raccontato Riso che si è sentito aggredito «come regista e come persona perché quegli insulti facevano riferimento a tematiche affrontate nel mio ultimo film, come la possibilità per le coppie gay di formare una propria famiglia, e perché la violenza è stata esercitata contro la mia inclinazione a esprimere me stesso anche e soprattutto attraverso il mio lavoro. Nonostante la paura e la rabbia, che ancora provo a distanza di qualche ora, sono sicuro che continuerò a farlo, come e più di prima.»

La Indiana Production, che ha prodotto la pellicola, da parte sua ha così commentato l’accaduto: ”Siamo sconvolti e arrabbiati, per una tale violenza in Italia oggi. Il cinema è una delle forme più alte di libertà, questa aggressione è gravissima e non bisogna sottovalutarla. Siamo vicini a Sebastiano ferito nel corpo e nell’anima”.

Ricordiamo che la pellicola affronta il controverso tema dell’utero in affitto, calato nella situazione italiana di illegalità e racconta dunque della vendita clandestina di bambini partoriti da una donna (Michaela Ramazzotti) tanto a coppie etero quanto ad una coppia gay.

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