Tumore al polmone, la grande efficacia dell’immunoterapia

VEB

Che sia colpa dell’aria sempre più inquinata, che dipenda dalla crescita esponenziale dei fumatori, che la componente ereditaria giochi un ruolo di rilievo, quello che conta è che purtroppo il tumore al polmone è ancora tra le tipologie di carcinomi più diffusi, e anche tra quelli con i tassi di mortalità più alti, nonostante i passi da gigante compiti negli ultimi anni, sia per quanto riguarda la prevenzione sia per la cura vera e propria.

Per gli ammalati una grande speranza arriva però dall’immunoterapia, che è ormai entrata nella pratica clinica e gli oncologi si interrogano su come gestire la meglio questo strumento così potente: al 53° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago, sono stati presentati molti studi che combinano questa strategia con la chemioterapia, la radioterapia, la terapia target.

Lo studio Checkmate -012, ad esempio, ha valutato la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, in prima linea cioè in persone con tumore del polmone non a piccole cellule in fase avanzata non trattate in precedenza. Il 49% dei pazienti è vivo a due anni e il tasso di risposta obiettiva ha raggiunto il 43%.

Nei pazienti con tumore del polmone in stadio avanzato, portatori di una particolare mutazione a carico del gene ALK, l’alectinib, un nuovo ALK inibitore, rallenta la progressione del tumore di ulteriori 15 mesi, rispetto alla terapia standard rappresentata dal crizotinib (un inibitore ALK di prima generazione) e riduce dell’84 per cento il rischio di metastasi cerebrali rispetto alla precedente terapia: sono questi invece gli eccezionali risultati dello studio di fase 3 ALEX, pubblicati in contemporanea sul The New England Journal of Medicine.

«È lo studio più importante presentato sul tumore del polmone quest’anno all’Asco», commenta Cesare Gridelli, direttore dell’Oncologia medica dell’azienda ospedaliera Moscati di Avellino. Fra tutti i casi di questa neoplasia, circa il 5% presenta questa particolare alterazione genetica.

La combinazione di immuno-terapia e chemioterapia in prima linea nel tumore del polmone è più efficace della sola chemioterapia: questo emerge invece dallo studio di fase II KEYNOTE-021G sempre all’ASCO e condotto su 123 pazienti colpiti da tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso metastatico (indipendentemente dall’espressione di PD-L1).

La combinazione di pembrolizumab, nuovo farmaco immuno-oncologico, con un regime chemioterapico comunemente usato (pemetrexed e carboplatino) ha dimostrato un tasso di risposta obiettiva del 57%, quasi raddoppiato rispetto alla sola chemioterapia a base di pemetrexed e carboplatino (30%).

Inoltre, la combinazione pembrolizumab più chemioterapia determina una riduzione del rischio di progressione di malattia di circa il 50%; ad un anno il tasso di sopravvivenza libera da progressione è il 56% rispetto al 34% della sola chemioterapia.

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