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La Gen Z è pronta a innamorarsi (e sposarsi) con i robot

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Oggi tecnologia e relazioni si intrecciano sempre di più, una nuova frontiera dell’amore sta prendendo forma: le relazioni affettive con l’intelligenza artificiale. Secondo un recente studio, l’83% dei giovani appartenenti alla Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012) si dichiara aperto a vivere una relazione romantica con un’intelligenza artificiale. Di questi, l’80% afferma che prenderebbe in considerazione persino il matrimonio con un partner AI.

La Gen Z è pronta a innamorarsi con i robot

Una tendenza che, secondo gli esperti, non è frutto di fantascienza ma di un cambiamento culturale in atto, alimentato dalla crescente presenza di intelligenze artificiali nella vita quotidiana e da una nuova concezione di connessione emotiva.


L’amore nell’era digitale: da Blade Runner alla realtà

Il fenomeno ricorda le trame di film iconici come Blade Runner o Her, in cui l’interazione con entità artificiali evolve in sentimenti autentici. La terapista di coppia Jaime Bronstein, intervistata dal quotidiano The Star, spiega che le nuove generazioni «sono cresciute con la tecnologia come una costante» e questo rende naturale per loro sviluppare legami emotivi con chatbot e robot umanoidi.

Bronstein, consulente per la piattaforma Joi AI, sottolinea che «non è sorprendente vedere gli esseri umani affezionarsi a un’IA, se consideriamo che molti danno un nome alle proprie auto o parlano con i propri animali domestici come se fossero persone». La relazione con un’intelligenza artificiale, quindi, non sarebbe vista come un surrogato, ma come un nuovo modo di esplorare l’intimità e la connessione.


AI come supporto emotivo nelle relazioni umane

Secondo Bronstein, gli assistenti virtuali possono anche svolgere un ruolo di supporto all’interno delle relazioni umane tradizionali, ad esempio in situazioni di stress, solitudine o distanza emotiva tra i partner. L’idea è che i chatbot possano diventare “aiutanti” in grado di alleviare la pressione emotiva, offrendo ascolto e comprensione.

«Non consiglio di sostituire completamente l’interazione umana con quella artificiale», precisa l’esperta, «ma in alcuni casi un bot può aiutare a mantenere l’equilibrio nella coppia».


I rischi secondo il MIT: solitudine e dipendenza emotiva

Ma il tema solleva anche preoccupazioni etiche e psicologiche. Una ricerca condotta dal MIT Media Lab ha analizzato l’interazione quotidiana di utenti con chatbot AI in uno studio di quattro settimane. I risultati, pubblicati nel Journal of Human-Robot Interaction, rivelano che un uso intensivo di queste tecnologie può portare a maggiore solitudine, dipendenza emotiva e ridotta socializzazione reale.

I ricercatori spiegano che «gli utenti che instaurano un forte legame affettivo con l’IA tendono a sviluppare dipendenza emotiva, isolandosi progressivamente dalle relazioni umane». Il pericolo, quindi, è quello di sostituire l’interazione reale con una simulazione che, per quanto sofisticata, resta priva di autenticità reciproca.


Un futuro ibrido: tra amore reale e affetto sintetico

Nonostante i rischi, l’industria dell’intelligenza artificiale sta investendo milioni di dollari nello sviluppo di compagni digitali intelligenti, spesso dotati di funzioni emozionali e persino erotiche. Piattaforme come Replika, Joi AI e altri sistemi di intelligenza affettiva offrono già esperienze relazionali personalizzate, adattate alle esigenze emotive dell’utente.

Come ha sottolineato anche il World Economic Forum, il futuro delle relazioni non sarà una scelta binaria tra umano e artificiale, ma un sistema ibrido in cui le persone esploreranno nuove forme di legame. Il punto critico sarà garantire che queste tecnologie migliorino la qualità della vita senza sostituirsi completamente alla connessione umana.


Conclusione

Le relazioni con l’intelligenza artificiale sono ormai una realtà in crescita, soprattutto tra le nuove generazioni. Mentre alcuni vedono in queste tecnologie una risposta a bisogni affettivi insoddisfatti, altri avvertono che il prezzo potrebbe essere l’erosione delle relazioni autentiche. La domanda che resta aperta è: fino a che punto possiamo (o dovremmo) amare qualcosa che non è umano?

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