Qual è l’augurio più comune che ci scambiamo prima di una prova difficile, un esame cruciale o l’inizio di una nuova avventura? Senza dubbio, “In bocca al lupo!”. Una frase che, a prima vista, suona quasi come una maledizione: augurare a qualcuno di finire tra le fauci di un predatore è, infatti, piuttosto inquietante. Ma come è possibile che una locuzione così cupa sia diventata la nostra formula portafortuna preferita? E perché, di recente, alla tradizionale risposta “Crepi!” si affianca sempre più spesso un caloroso “Viva il lupo!”?
Questo viaggio linguistico e culturale svela una storia affascinante, dove superstizione, amore per la natura e tradizioni millenarie si incontrano.

L’origine arcaica: una magia linguistica contro la sfortuna
Per risalire al vero significato di “In bocca al lupo” bisogna immergersi in un passato dove la parola non era solo comunicazione, ma anche un potente strumento magico, capace di scongiurare la sfortuna o evocare la buona sorte. L’Accademia della Crusca e numerosi studiosi sono concordi nell’attribuire a questa locuzione una funzione prettamente apotropaica, ovvero di allontanamento del male.
- Modi di dire italiani: cosa rivelano della nostra psiche quando parliamo (e perché dovresti saperlo)
- Cani, Lupi e Grilli: La Storia Segreta che si Nasconde Dietro i Modi di Dire che Usiamo Ogni Giorno
- Perché non si dice più in bocca al lupo
Il lupo, per secoli, è stato il simbolo del pericolo e dell’insidia per eccellenza: un nemico implacabile dei pastori, predato dei loro greggi, e una minaccia per chi si avventurava nei boschi. “Andare nella bocca del lupo” era, letteralmente, cacciarsi nei guai o finire nelle mani del nemico.
Secondo l’ipotesi più accreditata, l’espressione nasce come un augurio ironico o, per meglio dire, un’antifrasi. Si augura il peggio (finire tra le fauci del lupo) proprio per ottenere l’effetto contrario, per una sorta di ribaltamento magico del significato. È il tipico meccanismo scaramantico, simile al celebre “rompi una gamba” (in inglese break a leg) del mondo teatrale, dove nominare la sfortuna è il modo migliore per allontanarla.
La risposta tradizionale, “Crepi (il lupo)!”, rafforza questa visione. Con essa, chi riceve l’augurio non solo lo accetta, ma compie attivamente il rito di scongiuro, desiderando la morte del predatore, che altro non è che la personificazione del pericolo. Le prime testimonianze di espressioni simili si ritrovano già in testi medievali, riprendendo l’immagine del lupo come male e insidia, un tema ricorrente anche in fiabe e leggende.
La teoria alternativa: il lupo come simbolo di protezione
Negli ultimi decenni, è emersa e si è diffusa un’interpretazione completamente diversa, che ha ribaltato la connotazione negativa del lupo. Questa lettura si basa sull’etologia e sull’osservazione dei comportamenti di questi splendidi animali.
Quando una mamma lupa deve spostare i suoi cuccioli da una tana all’altra per proteggerli dai pericoli o dalle intemperie, li afferra delicatamente con la bocca, trasportandoli al sicuro. La bocca del lupo, in questo contesto, non è più un luogo di morte, ma diventa l’ambiente più protetto e sicuro che ci sia. Un vero e proprio nido in movimento.
Questa lettura, più moderna e certamente più affettuosa nei confronti della fauna, trasforma l’augurio: “In bocca al lupo” diventa l’equivalente di “ti auguro di essere protetto e al sicuro“, sotto la cura e la forza di chi ti ama. È un augurio di protezione, non di pericolo.
Sebbene questa teoria non abbia le stesse radici storiche della versione apotropaica, ha guadagnato terreno soprattutto tra gli ambientalisti e le persone con una maggiore sensibilità verso il mondo animale, tanto da diventare la premessa per la nuova risposta.
Perché si dice “Viva il lupo!”
Ecco il punto focale: la dicotomia tra “Crepi!” e “Viva il lupo!”.
Se seguiamo la linea tradizionale e scaramantica, la risposta corretta per completare il rito di allontanamento del male è “Crepi!”. Questo è il protocollo tramandato per secoli.
Tuttavia, con la diffusione dell’interpretazione del lupo come protettore e con una rinnovata consapevolezza ecologica, molti si sentono a disagio nel desiderare la morte di un animale selvatico, peraltro fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi.
Dire “Viva il lupo!” significa, quindi:
- Abbracciare l’interpretazione positiva: Riconoscere la mamma lupa come simbolo di protezione.
- Rispettare la fauna: Un gesto di moderna sensibilità naturalistica, rifiutando la demonizzazione del predatore.
- Affermare la benevolenza: Trasformare l’antico scongiuro in un augurio esplicito di successo e incolumità.
Di fatto, entrambe le risposte sono ormai accettate nel linguaggio comune. “Crepi!” conserva il fascino della tradizione scaramantica e la storicità della frase, mentre “Viva il lupo!” è l’emblema di una nuova sensibilità culturale che rivaluta il ruolo del lupo nella natura e nell’immaginario collettivo. Un’espressione, in sintesi, che si adatta e si trasforma con l’evolvere della società.
Il lupo, infatti, non è più solo la figura feroce delle favole; è tornato a popolare in modo significativo le nostre montagne, grazie anche alle leggi di protezione della fauna (come testimoniano i dati sul ripopolamento in Italia, in particolare nel Nord a partire dal 2021) e viene sempre più studiato e rispettato. La scelta tra “Crepi!” e “Viva il lupo” diventa così un piccolo, ma significativo, atto di scelta culturale.
Domande Frequenti (FAQ) su “In bocca al lupo”
Qual è la risposta “corretta” a “In bocca al lupo”?
La risposta storicamente e tradizionalmente corretta è “Crepi!” (il lupo), in quanto l’espressione nasce come formula apotropaica e scaramantica per allontanare il male. Rispondere “Crepi!” compie l’atto rituale di scongiuro. Tuttavia, la risposta “Viva il lupo!” è sempre più diffusa e accettata, soprattutto da chi sposa l’interpretazione positiva del lupo come protettore.
L’espressione “In bocca al lupo” ha un significato negativo?
No, è sempre un augurio di buona fortuna o di successo. Sebbene la sua origine si basi sull’immagine negativa del lupo (simbolo di pericolo) e l’intento fosse scaramantico (si augura il male per ottenere il bene), l’uso moderno è esclusivamente positivo. L’augurio serve a dare coraggio a chi sta per affrontare un’impresa rischiosa o una sfida complessa.
Esiste un’espressione equivalente in altre lingue?
Sì, il meccanismo dell’antifrasi o dello scongiuro è comune. L’esempio più famoso è l’inglese “Break a leg” (rompi una gamba), usato soprattutto nel mondo dello spettacolo. In francese si può dire Merde! (Merda!), sempre con la stessa funzione di scongiuro per augurare, indirettamente, la buona riuscita dell’evento o della performance.
Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!