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Perché il tempo passa veloce da adulti? La spiegazione scientifica

Angela Gemito Dic 22, 2025

Il fenomeno è universale: da bambini, un pomeriggio d’estate sembrava un’epoca geologica; da adulti, un intero decennio scivola via tra un impegno di lavoro e l’altro. Non è solo una sensazione malinconica, ma un processo cognitivo documentato che coinvolge la biologia, la neurologia e la percezione psicologica.

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La teoria della proporzionalità e il valore relativo del tempo

Uno dei motivi principali per cui il tempo sembra scorrere più velocemente con l’età risiede nella matematica pura della nostra esistenza. Questa teoria, introdotta inizialmente da Paul Janet nel 1877, suggerisce che percepiamo la durata di un periodo in relazione alla nostra età totale.

Per un bambino di 5 anni, un anno rappresenta il 20% della sua intera vita. È un intervallo immenso, carico di una quota significativa della sua memoria storica. Per un adulto di 50 anni, quello stesso anno è appena il 2% del vissuto totale. Questa percezione soggettiva del tempo crea un effetto telescopico: man mano che invecchiamo, ogni nuova unità temporale diventa una frazione sempre più piccola della nostra esperienza, portandoci a sminuirne la durata percepita.

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Neuroscienze: la velocità di elaborazione delle immagini

Recentemente, la scienza ha offerto una spiegazione più legata alla fisica del nostro cervello. Adrian Bejan, professore di ingegneria meccanica alla Duke University, ha pubblicato uno studio sulla rivista European Review spiegando che la percezione del passare del tempo dipende dalla velocità con cui il cervello elabora le immagini mentali.

In gioventù, il cervello è estremamente agile e le reti neurali sono brevi e semplici. Questo permette di registrare ed elaborare un numero altissimo di stimoli visivi al secondo. Quando siamo bambini, riceviamo letteralmente “più immagini” della realtà. Con l’avanzare degli anni, l’invecchiamento dei percorsi neurali e l’accumulo di danni minimi alle sinapsi rallentano il flusso di informazioni.

“Le persone sono spesso stupite di quanto ricordino vividamente i giorni che sembravano durare per sempre nella loro giovinezza. Non è che le loro esperienze fossero molto più profonde, è solo che venivano elaborate in modo più rapido ed efficiente”, afferma il professor Bejan.

In pratica, se il cervello processa meno immagini nello stesso intervallo di tempo cronometrico, la sensazione è che quegli eventi siano passati in un lampo. È l’equivalente di guardare un film a un frame rate ridotto: tutto sembra accelerato.


L’effetto della novità e la formazione dei ricordi

Un altro pilastro fondamentale è l’ipotesi dell’efficienza della memoria. Il nostro cervello è progettato per conservare informazioni nuove e rilevanti, mentre tende a ignorare o “comprimere” le informazioni ripetitive.

La prima volta contro la routine

Da piccoli, quasi ogni esperienza è una “prima volta”: il primo giorno di scuola, il primo viaggio, la scoperta della neve. Questi eventi richiedono un’intensa attività cognitiva per essere codificati. Quando il cervello deposita una grande quantità di dettagli in memoria, la rievocazione di quel periodo ci restituisce una sensazione di densità e durata.

Al contrario, la vita adulta è spesso dominata dalla routine quotidiana e mancanza di nuovi stimoli. Se le tue giornate sono composte da gesti ripetitivi (casa, ufficio, spesa, TV), il cervello smette di registrare i dettagli. Quando guardi indietro a un mese di routine, il cervello non trova “ancore” mnemoniche a cui aggrapparsi e sintetizza tutto in un unico blocco indistinto. Il risultato? Il tempo vola quando la vita diventa monotona.

Il paradosso delle vacanze

Esiste un fenomeno curioso chiamato “paradosso delle vacanze”. Durante un viaggio in un posto nuovo, le giornate sembrano lunghissime perché siamo circondati da novità (nuovi odori, strade diverse, lingue sconosciute). Tuttavia, una volta tornati a casa e ripensandoci dopo mesi, quel viaggio sembra essere durato un istante. Questo accade perché la densità di ricordi creati fa sembrare il tempo lungo “nel momento”, ma la velocità con cui la nostra mente post-elabora i blocchi di memoria può trarre in inganno.


Il ruolo della dopamina e dell’attenzione

La chimica cerebrale gioca un ruolo cruciale. La dopamina è il neurotrasmettitore legato alla ricompensa e all’attenzione. Studi condotti su modelli animali e osservazioni cliniche suggeriscono che i livelli di dopamina calano con l’invecchiamento.

Poiché la dopamina aiuta a regolare il nostro “orologio interno”, una sua diminuzione può alterare la velocità con cui percepiamo lo scorrere dei secondi. Se il ritmo cardiaco e i processi metabolici rallentano, il mondo esterno sembra muoversi più rapidamente rispetto al nostro sistema di riferimento interno.

Inoltre, il multitasking e lo stress cronico tipici dell’età adulta frammentano la nostra attenzione. Quando non siamo pienamente presenti in un’azione, non codifichiamo l’esperienza correttamente. Essere costantemente proiettati verso l’impegno successivo impedisce di “sentire” il presente, accelerando la scomparsa dei giorni nel dimenticatoio della coscienza.


Strategie per rallentare la percezione del tempo

Sebbene non si possa fermare l’orologio biologico, esistono modi per influenzare la psicologia del tempo e dare l’impressione che la vita sia più ricca e duratura.

  1. Rompere la routine: Introdurre costantemente piccoli cambiamenti. Cambiare strada per andare al lavoro o provare un nuovo hobby costringe il cervello a creare nuove connessioni neurali e a registrare nuovi dati.
  2. Praticare la Mindfulness: La presenza consapevole rallenta la percezione del momento. Focalizzarsi sui dettagli sensoriali del presente aumenta la densità di informazioni elaborate.
  3. Apprendimento continuo: Studiare una nuova lingua o uno strumento musicale imita lo stato mentale dell’infanzia, mantenendo il cervello in una modalità di “alta frequenza di campionamento”.

Secondo una ricerca pubblicata su Nature, la neuroplasticità rimane attiva anche in età avanzata. Alimentare questa plasticità significa fornire al cervello il materiale necessario per non “saltare i fotogrammi” della nostra vita.


Domande Frequenti

Perché i giorni sembrano lunghi ma gli anni sembrano brevi?

Questo accade a causa della differenza tra la percezione del tempo “prospettica” (mentre lo vivi) e “retrospettiva” (quando lo ricordi). Se una giornata è faticosa o piena di novità, sembra lunga sul momento. Tuttavia, se quelle esperienze non vengono fissate in ricordi distinti, l’anno complessivo risulterà vuoto e quindi breve al momento del bilancio finale.

Esiste un modo scientifico per misurare la percezione del tempo?

Gli scienziati utilizzano test di “stima dell’intervallo”. Ai partecipanti viene chiesto di segnalare quando pensano che sia passato un minuto senza contare. Gli studi dimostrano che i giovani tendono a sovrastimare il tempo, mentre gli anziani spesso sentono che il minuto è passato quando in realtà sono trascorsi solo 40-50 secondi, confermando l’accelerazione interna.

La tecnologia influisce sulla velocità con cui percepiamo il tempo?

Sì, l’uso costante di smartphone e social media aumenta la frammentazione dell’attenzione. Il consumo rapido di contenuti brevi e volatili impedisce la formazione di ricordi profondi. Questo crea un effetto di “vuoto temporale” dove ore trascorse online scompaiono dalla memoria, dando la sensazione che il pomeriggio sia evaporato nel nulla senza lasciare traccia.

Come posso rendere la mia vita “più lunga” psicologicamente?

Per dilatare il tempo percepito è necessario aumentare la densità di esperienze uniche. Viaggiare, incontrare persone nuove e uscire dalla propria zona di comfort sono i metodi più efficaci. Più il cervello è impegnato a elaborare informazioni inedite, più il tempo sembrerà scorrere lentamente, restituendo quella sensazione di ampiezza tipica dell’infanzia.

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Angela Gemito

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