Un trauma cranico può alterare la nostra capacità di parlare, ma può davvero farci esprimere in una lingua arcaica? Un caso recente riaccende l’interesse sui misteriosi legami tra cervello e linguaggio.
Un recente fatto di cronaca ha destato grande curiosità: una donna russa, in seguito a una caduta in piscina in Thailandia che le ha provocato un trauma cranico e una perdita di memoria, avrebbe iniziato a esprimersi in russo antico. Al di là della veridicità del singolo episodio, la vicenda offre lo spunto per esplorare gli incredibili e talvolta bizzarri effetti che una lesione cerebrale può avere sulle nostre facoltà linguistiche.

Quando il cervello “cambia” accento
Sebbene parlare una lingua arcaica mai studiata (un fenomeno noto come xenoglossia) non abbia riscontri scientifici, esistono condizioni neurologiche documentate altrettanto sorprendenti. Una di queste è la Sindrome dell’accento straniero (Foreign Accent Syndrome – FAS). Si tratta di una condizione medica rara, solitamente conseguente a un ictus o a un trauma cranico, che modifica la prosodia e l’articolazione delle parole del paziente, tanto da far percepire il suo accento come “straniero”.
Come riportato da uno studio della University of Texas at Dallas, la FAS non conferisce la capacità di parlare una nuova lingua, ma altera la melodia, il ritmo e il posizionamento della lingua, cambiando il “colore” del parlato. La causa è da ricercarsi in lesioni alle aree del cervello che controllano i muscoli fonatori e la pianificazione del discorso. Non si tratta di un’imitazione, ma di un vero e proprio disturbo motorio del linguaggio che può avere un impatto profondo sull’identità della persona.
La perdita e il recupero delle parole
Un’altra conseguenza comune di un danno cerebrale, specialmente all’emisfero sinistro, è l’afasia. Questo disturbo, come spiega l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), compromette la capacità di comunicare, influenzando la produzione del linguaggio, la comprensione, la lettura e la scrittura. Esistono diverse forme di afasia: c’è chi non riesce a trovare le parole giuste (afasia anomica) e chi formula frasi brevi e sgrammaticate, con grande fatica (afasia di Broca).
Nel caso della donna russa, si menziona che fosse una studiosa di testi antichi. Questo dettaglio, sebbene non possa spiegare scientificamente il fenomeno, apre un’ipotesi affascinante legata alla memoria. È possibile che il trauma abbia danneggiato le memorie linguistiche più recenti, facendo emergere in modo disordinato conoscenze pregresse e profondamente radicate, anche se non utilizzate nel quotidiano. I neurologi sono cauti, ma l’idea che il cervello possa “riorganizzarsi” in modi imprevisti dopo un trauma è un campo di studio in continua evoluzione.
Eventi come questo, al confine tra cronaca e scienza, ci ricordano quanto ancora ci sia da scoprire sul funzionamento del cervello. La sua plasticità e la sua capacità di reagire a un trauma possono manifestarsi in modi che sfidano la nostra comprensione, spingendoci a indagare più a fondo i meccanismi che governano il linguaggio e la memoria.
Per chi volesse approfondire le reali condizioni mediche legate ai disturbi del linguaggio post-trauma, si consiglia di consultare fonti autorevoli come il sito della Federazione Italiana Afasici (A.IT.A.) o pubblicazioni scientifiche su portali come PubMed.
Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!