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Vita sulla Terra: iniziata un miliardo di anni prima?

Angela Gemito Nov 20, 2025

Riscrivere la cronologia del nostro pianeta non è un compito che accade spesso. Eppure, le certezze geologiche su cui abbiamo basato la nostra comprensione dell’evoluzione stanno vacillando di fronte a nuove evidenze. Fino a poco tempo fa, la comunità scientifica concordava nel datare la comparsa di organismi complessi e diffusi in un arco temporale specifico. Oggi, quella linea temporale deve essere spostata indietro in modo drastico.

Un recente studio ha portato alla luce tracce molecolari di vita antica all’interno di formazioni rocciose datate circa 3,3 miliardi di anni. Non si tratta di una semplice correzione marginale, ma di un ampliamento dell’orizzonte biologico terrestre di un intero miliardo di anni. Questa scoperta, che unisce paleontologia classica e tecnologie digitali avanzate, suggerisce che la biosfera terrestre fosse attiva e vibrante molto prima di quanto i modelli precedenti avessero ipotizzato.

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L’Intelligenza Artificiale a caccia di biosfirme

La ricerca tradizionale di vita nel passato profondo si è sempre basata sui fossili: resti fisici, impronte o strutture calcificate visibili a occhio nudo o al microscopio. Tuttavia, il tempo è un nemico crudele per la materia biologica. Dopo miliardi di anni, le rocce si trasformano, si comprimono e si sciolgono, cancellando spesso ogni prova visiva. Qui entra in gioco la rivoluzione metodologica guidata dal team di scienziati che ha pubblicato i risultati su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

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Invece di cercare “ossa” o gusci, i ricercatori hanno cercato fantasmi chimici. La vita, nel suo incessante metabolismo, lascia dietro di sé specifiche firme chimiche che persistono nelle rocce. Queste molecole, sebbene degradate, mantengono una struttura che differisce sostanzialmente dalla materia inorganica abiotica.

Per identificare questi segnali impercettibili, il team ha impiegato la gascromatografia a pirolisi con spettrometria di massa. Questa tecnica scompone i campioni riscaldandoli ad altissime temperature per poi analizzarne i frammenti molecolari. Ma la vera svolta è arrivata dall’analisi dei dati: l’applicazione di algoritmi di apprendimento automatico per classificare i campioni organici.

L’intelligenza artificiale è stata addestrata su oltre quattrocento campioni di varia natura:

  • Fossili antichi certificati.
  • Meteoriti ricchi di carbonio (per escludere origini extraterrestri o abiotiche).
  • Miscele sintetiche create in laboratorio.
  • Rocce sedimentarie di età diverse.

Il risultato è stato sorprendente. L’algoritmo ha imparato a distinguere con una precisione del 93% se un campione conteneva materiale di origine biologica o semplice chimica inorganica. Robert Hazen, ricercatore principale dello studio, ha evidenziato come questo approccio cambi le regole del gioco: “La vita non lascia solo tracce fisiche, ma anche una sorta di firma chimica, che ci consente di ricostruire con maggiore precisione la storia del pianeta”.

Oltre i fossili: la prova della fotosintesi primordiale

L’aspetto forse più affascinante emerso da questa indagine riguarda la complessità metabolica di questi antichi abitanti della Terra. Non stiamo parlando solo di semplici organismi unicellulari passivi, ma di creature che interagivano attivamente con il loro ambiente.

L’analisi ha permesso l’identificazione di segni di fotosintesi in campioni che risalgono a 2,52 miliardi di anni fa. Questo dato è cruciale per confermare le teorie sul “Grande Evento di Ossidazione”, il momento in cui l’atmosfera terrestre iniziò ad arricchirsi di ossigeno, rendendo possibile la vita come la conosciamo oggi. La scoperta supporta con forza l’ipotesi che i microrganismi contribuiscono alla trasformazione dell’atmosfera terrestre molto prima dell’esplosione del Cambriano.

Se la vita era già presente e metabolicamente attiva 3,3 miliardi di anni fa, significa che il processo di abiogenesi (la nascita della vita dalla non-vita) sulla Terra è avvenuto con una rapidità geologica impressionante dopo il raffreddamento della crosta terrestre. Le implicazioni vanno oltre il nostro pianeta: se la vita emerge così velocemente quando le condizioni lo permettono, la probabilità di trovare biosfirme su Marte o sulle lune ghiacciate di Giove e Saturno aumenta statisticamente.

Utilizzando questi nuovi metodi di indagine, potremmo dover rianalizzare campioni raccolti decenni fa, che potrebbero nascondere segreti che all’epoca non avevamo gli “occhi” tecnologici per vedere.

Un nuovo capitolo per la scienza della terra

Siamo di fronte a un cambio di paradigma. Le rocce che prima consideravamo sterili potrebbero essere archivi biologici densi di informazioni. La combinazione di analisi chimica avanzata e intelligenza artificiale sta aprendo una finestra temporale che credevamo chiusa per sempre.

Riconsiderare le idee generalmente accettate sulla comparsa delle prime forme di vita ci obbliga a essere più umili di fronte alla storia profonda del nostro mondo. La vita è tenace, antica e lascia tracce indelebili per chi sa come cercarle. Non serve più solo il piccone del geologo; oggi servono algoritmi capaci di vedere l’invisibile.

Per chi volesse approfondire i dettagli tecnici della metodologia e i grafici dello spettrometro, la fonte primaria rimane la pubblicazione ufficiale su Proceedings of the National Academy of Sciences, che offre uno sguardo dettagliato sui marcatori molecolari specifici isolati durante lo studio.


Domande Frequenti (FAQ)

Come ha fatto l’IA a scoprire la vita antica? L’intelligenza artificiale non ha “cercato” visivamente i fossili. È stata addestrata a riconoscere pattern complessi nei dati chimici ottenuti dalla spettrometria di massa. L’IA ha identificato specifiche firme chimiche (biosfirme) che distinguono la materia biologica degradata da quella inorganica con un’accuratezza del 93%.

Cosa cambia rispetto a quanto sapevamo prima? Prima si riteneva che la vita complessa e diffusa fosse emersa molto più tardi. Questo studio sposta le lancette dell’orologio biologico indietro di circa un miliardo di anni, dimostrando che organismi viventi erano presenti 3,3 miliardi di anni fa e che processi come la fotosintesi erano già attivi.

Questa scoperta aiuta la ricerca di vita extraterrestre? Assolutamente sì. Le tecniche sviluppate per rilevare tracce molecolari di vita antica nelle rocce terrestri possono essere applicate ai campioni prelevati su Marte dai rover come Perseverance. Se la vita lascia una firma chimica indelebile, potremmo trovarla anche lassù, anche senza fossili visibili.

Chi ha condotto la ricerca? Lo studio è stato guidato da un team interdisciplinare che include il ricercatore Robert Hazen della Carnegie Institution for Science. I risultati sono stati validati e pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

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Angela Gemito

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Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!

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