Clonazione effettuata su due scimmie dopo la famosa Dolly

VEB

Ricordate la pecora Dolly? Quasi sicuramente, se non altro perché è stata il primo mammifero ad essere stato clonato con successo da una cellula somatica. Dolly nacque al Roslin Institute in Scozia a pochi chilometri da Edimburgo, dove ha vissuto fino alla morte avvenuta circa sette anni dopo. Gli scienziati annunciarono la sua nascita solo l’anno successivo, il 23 febbraio 1997. Il nome “Dolly” le fu dato in onore della prosperosa cantante country Dolly Parton, dato che la cellula usata per la clonazione fu una cellula mammaria.

Una tecnica innovativa e rivoluzionaria, quella usata per dar vita a Dolly, e che ora è stata replicata nientemeno che sulle scimmie: Zhong Zhong e Hua Hua sono le prime due scimmie clonate con la stessa tecnica della pecora Dolly.

La loro nascita, avvenuta rispettivamente otto e sei settimane fa, è stata annunciata sulla rivista “Cellˮ dai ricercatori dell’Istituto di Neuroscienze dell’Accademia cinese delle Scienze a Shanghai, e apre alla possibilità di ridurre il numero di primati usati nella sperimentazione animale.

Negli anni successivi alla clonazione di Dolly sono stati fatti passi da gigante e ottenuti grandi risultati, che hanno portato alla clonazione di molti animali, fra cui cani, cavalli, topi, mufloni, stambecchi, ma mai finora l’impresa era riuscita con un primate, quantomeno usando la stessa tecnica.

Ad onor del vero, infatti, in passato altre scimmie erano state clonate (risale al 1999 la clonazione del macaco Tetra), ma con la tecnica relativamente più semplice detta “embyo splitting” o scissione dell’embrione, che è poi una modalità simile a quella con cui si formano i gemelli. La clonazione col metodo usato per Dolly nel 1996 era precedentemente fallita nei primati perché nei nuclei delle loro cellule differenziate si trovano geni “spenti” che ostacolano lo sviluppo dell’embrione.

Clonazione dopo Dolly clonate due scimmie

Come già per Dolly, stavolta invece si è partiti da una cellula somatica, tipica di ogni area anatomica, dalla quale differiscono quelle germinali (cellule uovo e spermatozoi), esplicitamente legate alla riproduzione. Nell’esperimento sono stati impiegati fibroplasti fetali, cellule caratteristiche del tessuto connettivo. Sono stati introdotti in cellule uovo denuclearizzate (private cioè del nucleo, dove risiede il Dna), per poi farle crescere in laboratorio, attraverso i tradizionali processi mitotici che consentono a uno zigote (cellula derivante dall’incontro fra uno spermatozoo e una cellula uovo) di trasformarsi in embrione e dunque in feto. Infine una madre surrogata – esemplare della stessa specie di quella da cui erano state prelevate le cellule somatiche – ha reso possibile la gestazione e la nascita delle scimmie clonate.

Le reazioni all’annuncio degli scienziati cinesi non si sono fatte naturalmente attendere e in molti casi sono state di viva preoccupazione per gli scenari che potenzialmente si aprono.

Il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, ha commentato la notizia definendola «una minaccia per il futuro dell’uomo». «Al contrario della ipotesi di clonazione umana, sulla quale la Chiesa non può che esprimere la sua condanna più forte e totale – ha spiegato il porporato bioeticista – sulla clonazione animale il magistero ecclesiastico non ha finora espresso una condanna esplicita, ufficiale, lasciando il tema alla valutazione responsabile degli scienziati». Ma, aggiunge, «non c’è dubbio che il passaggio dalla prima pecora Dolly ad altri animali e ora persino alla scimmia, ovvero a un primate così vicino all’uomo, rappresenta un autentico attentato al futuro dell’intera umanità. C’è il fortissimo rischio che la clonazione della scimmia possa essere considerato come il penultimo passo, prima di arrivare alla clonazione dell’uomo, evento che la Chiesa non potrà mai approvare».

Quel che è certo, comunque, è che un ulteriore passo è stato dunque fatto e non ci si può non chiedere quali saranno i successivi.

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