Cosa si nasconde dietro le etichette dei prodotti biologici

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Etichette quali “tutto naturale“, “biologico“, “coltivato in modo naturale“, “senza OGM” e “allevato all’aperto” suggeriscono ai consumatori che gli alimenti che stanno per acquistare sono garantiti come sani. Ma è realmente così?

Cosa si nasconde dietro le etichette dei prodotti biologici
Foto@Pixabay

National Geographic ha esaminato alcuni dei termini più diffusi sui pacchetti degli alimenti considerati salutari per chiarire cosa realmente significhino e rendere più semplice la scelta di prodotti naturali.

Biologico

Per essere definito biologico gli standard medi, un prodotto deve rispettare numerosi criteri e consistere per almeno il 95% di ingredienti biologici. Gli alimenti biologici non sono coltivati usando pesticidi o fertilizzanti chimici e sono privi di coloranti o conservanti artificiali. Sono inoltre esenti da modifiche genetiche, il che significa che non sono OGM. Ciò nonostante, non tutti gli OGM rientrano nella categoria dei prodotti biologici.

I coltivatori biologici devono adottare metodi che supportino il ciclo naturale delle risorse, contribuiscano all’equilibrio ecologico, preservino o migliorino la qualità del terreno e dell’acqua, minimizzino l’utilizzo di sostanze sintetiche e tutelino la biodiversità, secondo quanto riportato dal sito dell’USDA.

Sebbene queste pratiche possano apparire vantaggiose, secondo Robert Paarlberg, associato al programma di scienze della sostenibilità presso la Harvard Kennedy School e intervistato da Nat Geo, non esistono prove concrete che dimostrino come i prodotti biologici siano più salubri o nutritivi.

Anche se contengono meno pesticidi, coloro che hanno un budget limitato dovrebbero piuttosto cercare alimenti salutari anziché concentrarsi esclusivamente su quelli biologici.

Non OGM

Non vi è alcuna differenza nutrizionale tra gli alimenti OGM e quelli non OGM, che sono considerati sicuri al pari di altri prodotti, benché alcuni consumatori desiderino comunque questa distinzione. Il Non-GMO Project definisce come OGM qualsiasi modifica genetica apportata in qualsiasi fase della produzione alimentare.

Tra le colture OGM più diffuse negli USA, destinate al consumo umano e all’alimentazione del bestiame, figurano mais, soia e barbabietole da zucchero.

Per identificare se un prodotto contiene materiali geneticamente modificati, si utilizza l’etichetta del Non-GMO Project Verified.

I prodotti non OGM possono costare tra il 10% e il 75% in più, e alcuni esperti avvisano che tali etichette possono essere semplicemente uno stratagemma di marketing. I criteri per ottenere la certificazione “Certified Naturally Grown” (CNG) sono simili a quelli per i prodotti biologici e riguardano alimenti non prodotti con sostanze chimiche o OGM.

Alice Varon, direttore esecutivo di Certified Naturally Grown, ha spiegato a Nat Geo che il marchio CNG indica che un alimento è stato coltivato senza l’uso di input sintetici o OGM e che le pratiche colturali sono state verificate tramite un processo di revisione paritaria. Questo marchio garantisce anche che il cibo sia coltivato localmente e includa prodotti minimamente trasformati o non trasformati, come verdure, salse, miele e crauti.

Tuttavia, non vengono effettuati test di laboratorio dopo la produzione, quindi alcuni prodotti potrebbero essere contaminati da OGM a causa della pollinazione incrociata con campi di mais OGM, ad esempio.

Secondo Chris Berry, professore associato di marketing presso la Colorado State University, non esiste una definizione formale per questi termini, che talvolta vengono utilizzati come tattiche di marketing senza una verifica o regolamentazione paragonabile a quella prevista per i prodotti biologici USDA o CNG.

Fonte@NewYorkPost

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