Cultura, la biologia gioca un ruolo chiave

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Il termine cultura deriva dal verbo latino colere, “coltivare”. Oggi, secondo la definizione comune e più generale, la cultura è intesa come un sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi e comportamenti che caratterizzano un gruppo umano particolare; un’eredità storica che nel suo insieme definisce i rapporti all’interno di quel gruppo sociale e quelli con il mondo esterno.

Secondo una concezione antropologica, quindi, la cultura presa nel suo più ampio significato etnologico è “quell’insieme complesso che include il sapere, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume, e ogni altra competenza e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro della società”.

Secondo la concezione classica, la cultura consiste nel processo di sviluppo e mobilitazione delle facoltà umane che è facilitato dall’assimilazione del lavoro di autori e artisti importanti e legato al carattere di progresso dell’età moderna.

La concezione di senso comune è, inoltre, il potere intellettuale o “status”, che vede la cultura come luogo privilegiato dei “saperi” locali e globali, tipico, delle istituzioni “superiori”, come le “conoscenze specializzate”, la politica, l’arte, l’informazione, la interpretazione storica degli eventi, ma anche la influenza sui fenomeni di costume, e sugli orientamenti, delle diverse popolazioni, fino a livelli di misura planetaria.

In tutte queste concezioni c’è però una grande assente: la biologia, mai troppo considerata quando si parla di cultura.

Cultura la biologia gioca un ruolo chiave

Ed invece, secondo un recente studio, non va affatto trascurata: esiste infatti un nesso tra Dna e cultura e, più precisamente, anche la cultura ha un suo corredo genetico.

Pubblicata sulla rivista Science, la scoperta si basa sull’analisi del Dna di oltre 21.000 Islandesi ed è stata coordinata da Augustine Kong, che lavora nelle università di Oxford e dell’Islanda e nell’azienda deCode Genetics.

La ricerca analizza il DNA di oltre 21mila islandesi e mette in evidenza un corredo genetico particolare costituito dal 50 % di geni non trasmessi direttamente dai genitori: la metà dei geni non ereditati, come analizza il genetista Giuseppe Novelli, fa sentire il proprio impatto sui figli mediante l’influenza che gli stessi geni hanno sui genitori e i fratelli.

Nello specifico, analizzando il rapporto tra livello d’ istruzione dei figli con il patrimonio genetico non direttamente ereditato dai genitori, si è scoperta l’influenza dei geni silenziosi in grado di condizionare per 1/3 la preparazione scolastica dei figli in relazione ai geni non trasmessi dal padre, mentre i corrispettivi della madre hanno un impatto percepibile nei campi della salute o delle abitudini alimentari. Esiste dunque una correlazione tra geni e DNA in grado di influenzare gli individui senza che vi sia un necessario trasferimento di geni.

Dimostriamo – ha rilevato Augustine Kong – che geni e cultura spesso lavorano mano nella mano e che la cultura ha una base genetica“. Poiché per una frazione sostanziale della durata della vita l’essere umano dipende quasi completamente dai genitori per la sopravvivenza, “non dovrebbe essere una sorpresa che i geni si siano evoluti per esercitare un’influenza attraverso la cultura“, ha aggiunto.

Grazie a questi risultati d’ora in poi si potrebbe guardare in modo nuovo ad alcuni problemi sociali, come quelli relativi al rendimento scolastico, o alcune malattie.

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