Fin dal suo etimo il termine racchiude la sua doppia valenza: la parola farmaco deriva infatti dal greco pharmakon, che vuol dire “rimedio, medicina”, ma anche “veleno”.
Se infatti un farmaco è una sostanza che può salvare la vita, parallelamente, se assunta erroneamente, può condurre con fin troppa facilità persino alla morte.
La storia del farmaco è lunga quanto la civiltà. Se nel passato la preparazione di un farmaco era soggetta a precisi rituali che ne consentivano la trasmissione nel tempo, la storia recente del farmaco in Italia è legata alla nascita delle prime industrie farmaceutiche, dovute all’iniziativa di farmacisti, come Francesco Angelini, Archimede Menarini, Carlo Erba, Franco Dompè, Giacomo Chiesi e Giovanni Battista Schiapparelli, che realizzarono i primi stabilimenti dopo aver avuto successo con le loro specialità preparate in laboratorio.
Tra i farmaci più importanti nella storia della medicina non si può non partire dall’Aspirina – Acido Acetilsalicilico – brevettata dalla Bayer nel 1899 e che è ancora un caposaldo tra le molecole antinfiammatorie, oltre ad essere utilizzata oggi nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e anche di alcune forme tumorali. Altrettanto fondamentale è la scoperta accidentale da parte di Fleming nel 1928 della Penicillina: tornando dopo qualche giorno di assenza nel suo laboratorio trovò che alcune colture di batteri non erano cresciuti in una zona dove c’erano delle muffe.
Altro pilastro è il Cortisone, potente antinfiammatorio e antidolorifico che fu scoperto dal premio Nobel Edward Calvin Kendall nel 1944 e presentato al mondo con l’immagine famosissima dell “artritico in bicicletta” e che consentì il trattamento di patologie invalidanti come l’Artrite Reumatoide fino ad allora senza cure.
Passando per il Viagra e gli antistaminici per curare le allergie, i chemioterapici che oggi vengono affiancati da farmaci biologici e anticorpi monoclonali per la cura dei tumori, fino ai farmaci orfani per la cura delle malattie rare, migliaia di farmaci hanno permesso di salvare la vita a milioni di persone, ma allo stesso tempo oggi ne uccidono ancora troppe, perché non assunti correttamente.
Nello specifico, in Europa gran parte dei farmaci prescritti (dal 30% al 50%) non viene assunta come dovrebbe, provocando la morte di 194.500 persone ogni anno.
E’ quanto sostiene l’Organizzazione mondiale della sanità, sottolineando che il costo degli errori nell’assunzione di medicinali ammonta a 125 miliardi di euro l’anno.
L’allarme è stato lanciato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, organizzazione no-profit in ambito sanitario, che ha appena presentato un Rapporto dettagliato sul tema, cui hanno partecipato 13 Regioni italiane e 264 professionisti sanitari, contenente raccomandazioni e proposte per migliorare l’aderenza terapeutica.
Compresenza di più malattie croniche, frustrazione nel non percepire benefici dalle cure, scarsa comprensione sulla terapia da seguire, sono questi i motivi che spingono il paziente a non assumere correttamente farmaci.
Circa 1,4 milioni di persone di età avanzata, infatti, assumono più di 10 medicine al giorno. Molte persone anziane o ospedalizzate, ad esempio, assumono da 10 a 20 farmaci e fino al 30% di tutti gli effetti collaterali è dovuto all’interazione fra queste medicine.
Ma anche le difficoltà economiche e sociali incidono quasi nella metà dei casi, secondo le associazioni di pazienti, nonché motivi organizzativi e carenze nei servizi sanitari (più del 35% dei casi).
Ed è su questi punti che si può migliorare, come emerge dall’indagine realizzata con il contributo non condizionato di Servier, attraverso un questionario rivolto agli Assessorati alla salute e operatori sanitari.
L’idea è quella di muoversi su vari fronti: potenziare la formazione, con competenze specifiche nel riuscire a gestire casi di polifarmacoterapia, ovvero pazienti che assumono un elevato numero di medicine, aumentare la comunicazione sulla patologia, sulla terapia e la sua durata e sulle tempistiche dei controlli, evitare l’uso di sigle, di abbreviazioni e di vocaboli latini o stranieri (es. ½ cp die), al fine di aumentare la comprensibilità e ridurre il rischio di errori nell’assunzione.