Gaming Disorder, ragazzo rischia di morire per non staccarsi dalla console

VEB

È notizia di pochi giorni fa che il ‘gaming disorder’, ovvero la dipendenza da videogame, è stato riconosciuto dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, come una vera e propria malattia mentale al pari di ludopatie legate al gioco d’azzardo o dipendenze da alcol e droga negli adulti.

Giappone, Cina e Corea del Sud sembrano essere i Paesi più colpiti da tale disturbo e, per correre ai ripari, in Corea ad esempio, a partire dal 2011, è stata introdotta una legge che vieta di giocare da mezzanotte fino alle sei del mattino, pena una multa salatissima. In Cina, invece, il colosso locale di Internet, Tencent, ha bloccato l’accesso ai giochi per minori in determinate fasce orarie.

Ma questo disturbo si sta diffondendo sempre più anche in Europa, e l’Italia non fa eccezione.

Come hanno spiegato gli esperti mondiali, la dipendenza da videogiochi è caratterizzata da schemi comportamentali persistenti o ricorrenti di fruizione del gioco (inteso come gioco digitale o videogioco), che può essere online, attraverso Internet, oppure offline, manifestata attraverso: scarso controllo sul comportamento di gioco, alta priorità attribuita ai videogiochi rispetto a qualsiasi altro interesse nella propria vita o qualsiasi altra attività quotidiana e il protrarre o aumentare i comportamenti di gioco nonostante l’evenienza di una serie di conseguenze negative.

Affinché il disturbo da gioco sia diagnosticato, il modello di comportamento deve essere sufficientemente severo da risultare una compromissione significativa in ambito personale, familiare, sociale, educativo, lavorativo o di altre aree importanti del funzionamento e dovrebbe essere evidente per almeno 12 mesi.

Evidente quindi come, con questa dipendenza, ci si allontani da tutto e tutti: famiglia, lavoro, amici.

Ma le conseguenze di una tale dipendenza non sono solo psicologiche e relazionali: si rischia persino la morte, come illustra in modo lampante una storia che viene dall’Inghilterra.

A Londra, infatti, un bambino di 10 anni per poter continuare a giocare al videogioco preferito ha trascurato i bisogni fisiologici, per cui il suo intestino gli si è deformato: in buona sostanza ha rischiato di rimetterci la vita.

A lanciare l’allarme riguardo allo sviluppo di queste dipendenze patologiche soprattutto da parte dei più giovani è stata la pediatra Jo Begent nel corso di un convegno.

Begent è una consulente pediatrica britannica che lavora all’University College of London Hospital.

Secondo quanto riporta il “Daily Mail”, la dottoressa ha raccontato di aver scoperto, in seguito ad alcuni esami clinici, che l’intestino del bambino si era dilatato al punto di deformarsi perché il ragazzino aveva smesso di andare in bagno per non doversi allontanare dalla consolle.

Nello specifico, ogni giorno, tutti i giorni, il bambino era “impegnato” con World of Warcraft, Call of Duty e Fifa per otto ore consecutive, ignorando anche i più semplici ed elementari bisogni e stimoli fisiologici.

Per fortuna al bambino è stata salvata la vita attraverso un delicato intervento, ma altri potrebbero essere meno fortunati.

La dottoressa Begent ha quindi spiegato che, per quanto riguarda la dipendenza da videogame,  i casi principali riguardano il sonno e l’obesità, tuttavia negli ultimi anni si assiste all’aumento di questi problemi emergenti di salute fisica.

Al Guardian la dottoressa ha dichiarato che, per fortuna, finalmente la dipendenza dai videogiochi sta ottenendo l’attenzione che merita, in quanto se si abusa di questi passatempi si può arrivare a conseguenze estreme. Per la psichiatra quindi il sistema sanitario nazionale ha il preciso dovere morale di occuparsene e preoccuparsene.

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