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Guerra dei dazi: La Cina vende a prezzi stracciati senza logo

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Con l’escalation della guerra commerciale USA‑Cina, un nuovo fronte si è aperto su TikTok: migliaia di video di venditori cinesi promuovono prodotti “no‐brand” di qualità paragonabile ai grandi marchi, a prezzi incredibilmente bassi. In questo articolo esploriamo come funziona questo meccanismo e quali conseguenze potrà avere sui consumatori e sulle aziende.

La guerra dei dazi La Cina vende a prezzi stracciati senza logo

Dai dazi all’e‑commerce “no logo”

  • Contesto dei dazi: gli Stati Uniti hanno imposto tariffe fino al 145% sui beni importati dalla Cina, spingendo Pechino a trovare contromisure non convenzionali.
  • Strategia TikTok: sfruttando l’algoritmo, i venditori cinesi mettono in evidenza video in cui mostrano prodotti senza marchio, realizzati con gli stessi materiali e processi dei brand originali, a costo ridotto.

Esempi virali e fact‑checking

  1. Borse di lusso “equivalenti”
    • In un video virale si sostiene che il costo di produzione di una Birkin sia intorno a 1.400 $ anziché 34.000 $.
    • Verifica: Hermès produce ancora in Francia con artigiani altamente specializzati, smentendo l’origine cinese di questi modelli.
  2. Abbigliamento e accessori
    • Lululemon venduto a 5–6 $ (contro 100 $), tazze Stanley a pochi dollari, e sneakers Birkenstock, Fila o Under Armour proposte a prezzi di fabbrica.

Impatti sul mercato globale

  • Consumatori americani: accesso a prodotti di qualità elevata a costo ridotto, con spedizione gratuita e talvolta copertura dei dazi.
  • Brand internazionali: rischio di erosione del valore percepito del marchio e di concorrenza sleale senza distinzione del Paese d’origine.
  • Tensioni commerciali: la mossa cinese risponde direttamente alle tariffe di ritorsione, ma rischia di danneggiare anche aziende non statunitensi coinvolte nella filiera.

Conclusioni

Il fenomeno dei “no‐brand” su TikTok rappresenta una sfida inedita alla guerra dei dazi: un contrattacco digitale che mette sullo stesso piano logistica, algoritmi social e strategie di prezzo. Resta da vedere se le grandi griffe saranno costrette a ripensare la propria filiera o a rafforzare la tutela dei marchi nel commercio online.

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