Quali sono i rischi dell’AI a scuola?
Riassumiamoli subito, così sappiamo con cosa abbiamo a che fare:
- Privacy e dati sensibili esposti
- Bias (pregiudizi) e discriminazioni invisibili
- Affidabilità discutibile dei contenuti
- Plagio e perdita di originalità
- Dipendenza dalla tecnologia
- Disuguaglianze tra studenti e scuole
E non è solo roba da nerd o esperti di sicurezza: queste cose toccano davvero la vita quotidiana di chi insegna, impara e si mette alla prova.

Quando l’AI ti osserva più del professore
Cominciamo dal problema forse più sottovalutato: la privacy.
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Hai presente quei chatbot educativi o le app che sembrano “magiche” perché ti rispondono in tempo reale, ti spiegano concetti complicati e si ricordano cosa hai sbagliato? Ecco, quel “ricordano” dovrebbe già far suonare un campanello.
Molti strumenti AI raccolgono informazioni: età, cronologia, risposte, persino il tono con cui scriviamo. Non sempre con cattive intenzioni, certo. Ma… chi garantisce che quei dati non vengano usati altrove? Oppure rivenduti?
Un conto è correggere un compito, un altro è costruire un profilo comportamentale di uno studente di 12 anni. E senza che nessuno lo sappia.
Bias: quando l’AI non è davvero imparziale
L’idea che l’intelligenza artificiale sia neutra è… un po’ una favola. Perché in realtà, questi modelli “imparano” dai dati che gli diamo. E quei dati? Spesso riflettono pregiudizi, stereotipi, errori culturali.
Facciamo un esempio: ci sono modelli che fanno più fatica a capire chi parla con un accento forte del sud Italia o in dialetto. In alcuni test americani, studenti afroamericani ricevevano valutazioni più basse da sistemi AI per motivi “statistici”. Ingiusto? Ovviamente sì. Ma reale.
Ecco perché affidarsi ciecamente all’AI per valutare, correggere o persino insegnare… è un po’ come guidare con gli occhi bendati.
Contenuti copiati o inventati? Un altro bel pasticcio
Sai cosa succede se uno studente usa ChatGPT per scrivere un tema senza controllare? Succede che magari il testo è fluido, corretto… ma le informazioni sono sbagliate. O peggio, inventate di sana pianta.
Sì, perché l’AI genera contenuti basandosi su probabilità, non su verità. Non verifica fonti, non distingue tra fatti e opinioni. E poi c’è la questione del plagio: anche se il testo è “nuovo”, può riprendere parti viste altrove.
Per fortuna ci sono strumenti come Turnitin, Copyscape o ZeroGPT per controllare l’originalità. Ma servono solo se chi li usa sa cosa sta cercando.
Pensare costa fatica (e l’AI ci vizia)
Qui ci tocca toccare un nervo scoperto. Perché diciamocelo: se uno strumento fa tutto al posto tuo, perché sforzarsi?
Sempre più studenti usano l’AI per scrivere relazioni, risolvere problemi, tradurre frasi, generare mappe concettuali. Il problema? Alla lunga, si smette di imparare davvero.
Il pensiero critico, la capacità di analizzare, di farsi domande, di sbagliare e correggere… tutto rischia di andare in pausa. E non è che poi si riaccende con un click.
Non tutti partono dallo stesso banco
Un altro rischio? Che l’AI diventi un privilegio per pochi. Alcune scuole hanno computer di ultima generazione, connessioni veloci, piattaforme evolute. Altre… hanno ancora i gessetti.
Questo crea un divario tecnologico e sociale. Chi ha accesso all’AI può migliorare le performance, imparare in modo personalizzato. Chi non ce l’ha resta indietro.
La scuola dovrebbe ridurre le differenze, non amplificarle.
E allora? Che si fa, si butta tutto?
No, calma. L’intelligenza artificiale può essere un’alleata straordinaria. Ma, come tutte le cose potenti, va usata con intelligenza umana.
Ecco qualche consiglio pratico:
- Trasparenza: informare gli studenti su cosa fa (e non fa) l’AI
- Formazione per insegnanti: no, non basta “provare ChatGPT”
- Linee guida scolastiche: quando usarla? Per cosa? Chi decide?
- Controlli e verifiche: nessuna valutazione solo AI-based
- Strumenti anti‑plagio e correttivi: come Turnitin, Grammarly, ecc.
Conclusione: la scuola ha un cuore umano. Teniamocelo stretto
L’intelligenza artificiale a scuola non è il male assoluto. Ma non è nemmeno un miracolo automatico. È un mezzo. E, come ogni mezzo, può fare danni o meraviglie a seconda di come lo usiamo.
Parlate con i vostri figli, con gli studenti, con i colleghi. Chiedete: “Perché hai usato l’AI?” e “Cosa hai imparato tu?” Non abbiate paura di fare domande, anche scomode.
Perché il rischio più grande… è smettere di farsele.
FAQs rapide
È legale usare ChatGPT a scuola?
Dipende dalla scuola e dalla normativa locale. Ma spesso serve consenso informato e supervisione.
Come si proteggono i dati degli studenti?
Non usando strumenti non verificati. E impostando regole chiare su privacy e conservazione dati.
Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!