Il gioco peggio di tutti, pure della cannabis: lo strano caso in Serie A

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L’erba, su un campo di pallone, è fondamentale. Distesa su centoventi metri di lunghezza e novanta in larghezza, è il terreno su cui si danno battaglia le squadre. Anche in Serie A, ovviamente. Seppur qualche regola stia cominciando a cambiare. Non del gioco, almeno non del gioco del pallone, ma di un altro ben collegato: quello delle sponsorizzazioni. Sponsorizzazioni di cannabis ce ne sono? Si può procedere, con ordine. Partendo da JustMary, il maggior distributore di cannabis light nel Nord Italia.

L’erba legale ha un mercato ampio, in Italia, seppur di nicchia. E da qualche tempo ha preso piede in Serie A, stringendo accordi commerciali e di sponsor con società come Verona, Sampdoria ed Udinese. Da lì l’ingresso dei loghi di JustMary sui cartelloni pubblicitari degli stati. Sia chiaro: si tratta di prodotti legali, come confermato da legge 242/2017, la stessa che consente coltivazione e consumo di cannabis con THC al di sotto dello 0,2%.

Da quel momento il mercato della cannabis legale ha vissuto un autentico boom: in crescita il merchandising, i brand, le qualità, i clienti. Un business light che piace a tutti, adulti, giovani, quanti vogliano rilassarsi. Sul grande palcoscenico della Serie A, questo mercato ha trovato terreno fertile per prosperare per i prossimi anni. Una cosa che ha fatto storcere il naso ai più, creando quegli scompigli tutti italiani. Sarà stato deleterio per Comencini, esponente della Lega, un ingresso così prepotente, al punto che ha stigmatizzato queste partnership tra Verona e JustMary, in coerenza con le storiche politiche ostruzioniste del Carroccio.

Altre polemiche, poi, sono scoppiate nel mondo del gambling, da sempre parte fondamentale per il mondo del calcio, con il segmento delle scommesse sportive che ha rappresentato fonte di guadagni non indifferenti per il mondo del pallone italiano. Almeno fino al 2018, quando il Decreto Dignità firmato dal governo Conte I ha vietato qualsiasi accordo di sponsorizzazione tra agenzie di scommesse, media e anche squadre e atleti. Il governo a trazione grilloleghista, durato fino all’agosto 2019, ha posto un freno ad un business da 200 milioni per il calcio italiano.

Un trattamento per la cannabis, un altro per il gaming: il Decreto Dignità, se da una parte ha visto, dall’altra ha ignorato. Scagliandosi contro la sola ludopatia. Intanto, in epoca pre-Covid, i dati AGCOM hanno sorriso al settore scommesse, con una raccolta che a febbraio 2020 ha registrato un totale di 1,2 miliardi di euro. Dato notevole, parzialmente sommerso dal Covid-19. Intanto la filiera del gaming mette insieme cocci rotti dalle normative vigenti: sono 200 i milioni persi dal calcio italiano dopo lo stop alle sponsorizzazioni dal mondo del gioco e della pubblicità. Il betting, da salvatore di diverse realtà in crisi, è finito nella lista delle categorie in emergenza. Senza possibilità di riavvolgere il nastro. Ma verrebbe da chiedersi, effettivamente, se qualcuno valga più dell’altro e se soprattutto la cannabis offra più garanzie e maggior trasparenza. La risposta, in questo caso, non è scontata…

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