Se fare shopping di per sé non è affatto un male o una patologia, di certo lo diventa quando fare shopping arriva ad essere una dipendenza: lo sanno bene migliaia di donne nel mondo che non riescono a passare dinanzi a nessuna vetrina senza avere l’istinto incontrollabile di entrare ed acquistare qualsiasi articolo.
Come si può essere dipendenti dal fumo, dall’alcol o dalle droghe, lo si può essere anche dagli acquisti, e gli esperti hanno stilato un vademecum per riuscire ad interpretare i sintomi e riconoscere quella che è divenuta una patologia sempre più diffusa, anche se ancora poco diagnosticata.
Ad identificare i sintomi uno studio dell’Università di Bergen in collaborazione con la Stanford University, l’Ucla e la Nottingham Trent University pubblicato su Frontiers in Psychology, che proprio sua questa base ha realizzato una vera e propria scala di misurazione della ‘sindrome da shopping’.
Il primo ‘indizio’ è l’attitudine a pensare sempre allo shopping; a seguire ci sono l’atto di comprare per migliorare l’umore, l’impatto negativo dei tanti acquisti sulle attività giornaliere, come lavoro o scuola, il bisogno di comprare sempre di più per ottenere sempre lo stesso grado di soddisfazione, il voler acquistare meno ma non riuscire a farlo, il sentirsi male se per qualche motivo viene impedito di fare shopping, e l’idea che comprare tanto abbia compromesso il proprio benessere.
Il profilo tracciato dai ricercatori è quello di una persona, tendenzialmente donna, “folgorata” dal disturbo psicologico da adolescente, poi “esploso” in età adulta. Poi con l’avanzare degli anni, il trend comincia a invertire la rotta. Un ulteriore dato è che gli ansiosi sembrano essere più a rischio, mentre gli estroversi utilizzano lo shopping per migliorare il proprio status sociale.
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