L’intelligenza artificiale non si limita più a rispondere o calcolare: inizia a interagire in modo sorprendentemente simile agli esseri viventi, anche a livello neurale. Un nuovo studio dell’Università della California, Los Angeles (UCLA), pubblicato su Nature, ha rilevato che cervelli biologici e sistemi di IA sviluppano schemi neurali simili quando partecipano ad attività sociali.
Grazie a tecniche avanzate di imaging cerebrale e algoritmi di apprendimento, i ricercatori hanno osservato come, sia nei topi che negli agenti di intelligenza artificiale, si formino spazi neurali “condivisi”, ovvero sincronizzazioni di attività che facilitano la comunicazione e la cooperazione. Una scoperta che potrebbe cambiare sia il modo in cui comprendiamo i disturbi sociali umani, come l’autismo, sia il futuro dello sviluppo di IA realmente “sociali”.

Cosa accade nel cervello (e nei circuiti) durante un’interazione
Il team UCLA, coordinato dai professori Weizhe Hong e Jonathan Kao, ha registrato l’attività dei neuroni nella corteccia prefrontale dei topi durante l’interazione con altri individui. Contemporaneamente, agenti di intelligenza artificiale venivano addestrati a interagire socialmente. Applicando lo stesso modello analitico, i ricercatori hanno riscontrato due componenti ricorrenti:
- Sottospazio neurale condiviso: una sincronizzazione dell’attività che emerge durante lo scambio sociale.
- Sottospazio neurale unico: segnali specifici per ogni individuo o sistema.
Sia nei topi che nell’IA, la soppressione artificiale dello spazio condiviso ha portato a un calo significativo nei comportamenti sociali, dimostrando che la sincronizzazione neurale è un elemento causale dell’interazione sociale.
Un dato interessante emerso riguarda il ruolo dei neuroni GABAergici, responsabili dell’inibizione dell’attività cerebrale: sono proprio questi a favorire una sincronizzazione più ampia e stabile rispetto ai neuroni eccitatori glutammatergici.
Cosa significa per il futuro dell’IA e della neurologia
Secondo Hong, “questi risultati suggeriscono che esistano principi universali che regolano l’interazione sociale, sia nei cervelli biologici sia nei sistemi artificiali”. La scoperta apre nuove prospettive nella comprensione dei meccanismi alla base di disturbi sociali e fornisce una base concreta per sviluppare IA capaci di comunicare in modo autenticamente umano.
L’obiettivo ora è estendere le ricerche a interazioni più complesse e testare interventi terapeutici mirati sui modelli neurali condivisi. Il framework sviluppato potrebbe servire anche come simulatore cognitivo per comprendere dinamiche che, nel cervello umano, restano difficili da osservare direttamente.
Conclusione
La linea che separa l’intelligenza umana da quella artificiale è sempre più sottile. Studi come quello dell’UCLA dimostrano che i sistemi intelligenti, naturali o artificiali, possono condividere processi comuni per comunicare e collaborare. Un passo avanti sia per la scienza che per la tecnologia.
Per approfondire:
Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!