Tutti noi ci siamo senza dubbio fatti affascinare dalla cultura egiziana: ben pochi popoli hanno lasciato tante suggestive testimonianze della loro esistenza.
Tutti noi ci siamo lasciati affasciare dalle piramidi e dalla loro magnificenza, come anche dal loro culto dei morti, che prevedeva la pratica dell’imbalsamazione, che in seguito pochi popoli hanno poi seguito.
Ma in quanti sanno che agli antichi egizi si deve anche la creazione del “Libro dei morti”? Di cosa si tratta?
Chiamato da loro “Libro del ritorno nel giorno”, si tratta di una raccolta di formule rituali che il defunto doveva recitare al cospetto del dio Osiride per continuare a vivere nell’aldilà.
Più nello specifico, gli egizi credevano che il defunto dopo il trapasso dovesse affrontare un viaggio, cioè attraversare sull’imbarcazione condotta da Anubi il fiume che separa il mondo dei vivi dal mondo dei morti.
Nel libro erano quindi contenute sia formule magico-religiose che racconti con i quali il defunto avrebbe potuto superare le innumerevoli prove che avrebbe incontrato lungo il cammino.
Presumibilmente fu composto da vari sacerdoti egizi nell’arco di un millennio, indicativamente a partire dal XVII secolo a.C., ma non vi fu mai un’edizione canonica e unitaria del Libro dei morti e non ne esistono due esemplari uguali.
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