Ricerche recenti, pubblicate su Nature Microbiology, hanno rivelato che, nonostante la convinzione comune che non ci siano due individui identici, i corpi umani dopo la morte dimostrano una serie di somiglianze sorprendenti.
Queste affinità emergono principalmente nelle comunità microbiche che si sviluppano durante il processo di decomposizione. Secondo lo studio, i cadaveri diventano l’habitat di specifici batteri e funghi decompositori, che sono relativamente rari altrove. Questi organismi svolgono un ruolo cruciale nell’ecosistema, decomponendo i corpi per integrarli infine nell’ambiente circostante, favorendo così la crescita delle piante.
Per condurre questa ricerca, 36 corpi donati a scopi scientifici sono stati sepolti in diverse località, ciascuna con caratteristiche ambientali uniche. Nonostante queste variazioni, le analisi effettuate dai ricercatori hanno rivelato che tutti i corpi presentavano una composizione microbica simile. Questo suggerisce che, al di là delle differenze individuali e ambientali, i processi decompositivi seguono schemi comuni.
Gli studiosi ipotizzano anche che gli insetti possano giocare un ruolo chiave nel trasportare questi microbi decompositori sui resti in decomposizione, sia umani che animali.
Devin Finaughty, un esperto che non ha partecipato allo studio, ha condiviso con IFLScience una definizione più ampia della decomposizione, descrivendola come la trasformazione del materiale organico attraverso l’azione di altri organismi, distinta dall’erosione fisica causata da agenti come l’acqua.
Ha sottolineato come i cadaveri servano non solo da fonte di nutrimento per vari organismi, ma anche come luoghi di crescita, asilo e rifugio, enfatizzando l’importanza del corpo umano deceduto nell’ecosistema di decomposizione.