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Sentire voci nella testa: una realtà diffusa e spesso fraintesa

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Sentire voci nella propria mente è un’esperienza più comune di quanto si creda. Secondo un’analisi riportata da Newsweek, circa una persona su 25 sente voci regolarmente, mentre oltre il 40% della popolazione mondiale ha vissuto almeno una volta un’esperienza simile. Non si tratta necessariamente di un sintomo di patologia mentale, ma piuttosto di un fenomeno complesso che può essere compreso e gestito, soprattutto con il giusto supporto psicologico e sociale.

Sentire voci nella testa una realtà diffusa e spesso fraintesa

Oltre il pregiudizio: cosa dicono le ricerche

Negli ultimi anni, le neuroscienze e la psicologia clinica stanno ridefinendo l’approccio a questo fenomeno. Le voci interiori, in molti casi, sono associate a eventi traumatici, stress intensi o conflitti emotivi non risolti. Secondo dati diffusi dal movimento internazionale Intervoice, circa il 70% delle persone che sperimentano questo fenomeno ha subito esperienze traumatiche che hanno contribuito all’emergere delle voci.

Contrariamente alla visione tradizionale, molte di queste persone non soffrono di schizofrenia o altri disturbi psichiatrici, e riescono a condurre una vita piena e significativa. La chiave, secondo Intervoice, è modificare la relazione con le voci, imparando ad ascoltarle, comprenderle e — quando possibile — dialogarci in modo costruttivo.

Un approccio innovativo: conviverci, non combatterle

L’approccio proposto da Intervoice si discosta nettamente dal paradigma medico tradizionale, che tende a vedere le voci come un “sintomo da eliminare”. Come afferma il professor Eugene Georgatsa dell’Università Aristotele di Salonicco:

“Se una persona crede che le voci abbiano potere su di lei, rischia di sentirsi impotente e sviluppare disturbi psicologici. Ma se riesce a dare loro un significato, può iniziare un percorso di integrazione.”

Un esempio emblematico è quello di Rachel Waddingham, consulente e attivista britannica. Dopo un periodo di profondo disagio psichico, è riuscita a costruire un nuovo rapporto con le 13 voci che la accompagnano, alcune delle quali aggressive o inquietanti. Oggi Rachel ha trasformato la sua esperienza in risorsa, aiutando altre persone attraverso percorsi di supporto e sensibilizzazione.

Una rete globale di sostegno

Sempre più eventi internazionali e gruppi di sostegno si stanno formando per abbattere lo stigma attorno al fenomeno delle voci. A ottobre, si è tenuto a Salonicco il sesto Festival Internazionale dei “voice-hearers”, con oltre 200 partecipanti da tutto il mondo. Lo scopo? Condividere tecniche, esperienze e strategie per convivere con le voci e reintegrarsi nella società senza vergogna né paure.

Organizzazioni come Intervoice, attive in decine di paesi, offrono gruppi di auto-mutuo aiuto, formazione e risorse per chi vive queste esperienze. L’obiettivo non è “curare” in senso clinico, ma ridare autonomia e dignità a chi si sente isolato o stigmatizzato.

Il significato dietro le voci: tra trauma e identità

In molti casi, le voci sembrano assumere le sembianze di figure reali — genitori, ex partner, insegnanti — coinvolti in situazioni dolorose del passato. In altri casi, si manifestano come rappresentazioni interiori della parte ferita di sé. Non è un caso, spiegano gli esperti, che le voci emergano spesso in età adolescenziale o in periodi di forte vulnerabilità.

Come sottolineato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (fonte), la salute mentale non è semplicemente l’assenza di malattia, ma la capacità di affrontare le sfide della vita in modo equilibrato. Imparare a convivere con le voci, dunque, può essere parte di un percorso di resilienza e ricostruzione identitaria.


Conclusione

Sentire voci nella testa non è un’anomalia rara, né sempre un segnale di disturbo psichiatrico. È un fenomeno psicologico complesso, spesso legato a esperienze traumatiche, e può essere affrontato con approcci alternativi ed empatici. Organizzazioni come Intervoice stanno contribuendo a cambiare la narrativa, proponendo un modello inclusivo, centrato sulla persona e sulla possibilità di una vita piena e autonoma.

Più che combatterle, le voci possono essere comprese, interpretate e integrate nella propria storia personale. E questo, forse, è il primo passo verso una nuova idea di benessere mentale.

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