Tutti mentono, ma non tutti sanno nascondere le proprie menzogne. Esiste una tecnica psicologica semplice ed efficace, basata su come funziona il cervello umano sotto stress, che permette di individuare quando qualcuno sta mentendo. Non si tratta di magia o istinto, ma di osservazione strategica e domande ben poste.
Perché mentiamo (e perché è così difficile farlo bene)
Mentire è un comportamento umano appreso fin dall’infanzia. Lo facciamo per evitare punizioni, proteggere gli altri, ottenere vantaggi o apparire migliori. Ma mentire non è naturale per il nostro cervello: quando inventiamo, dobbiamo costruire una storia coerente, ricordarla, mantenerla lineare e prevedere reazioni esterne. Un compito cognitivamente molto più complesso rispetto al semplice raccontare un evento reale.
Secondo il neuroscienziato Paul Ekman, tra i massimi esperti di linguaggio non verbale e microespressioni, le bugie provocano una frizione emotiva e fisica. Il corpo tende a tradire il pensiero, soprattutto sotto pressione (Ekman Group).
I segnali corporei della menzogna: quando il corpo parla prima delle parole
Chi mente può sembrare credibile, ma raramente riesce a controllare del tutto i segnali non verbali. Tra i più comuni:
- Sguardo che si sposta o si fissa troppo
- Pause eccessive o cambi repentini nel ritmo della voce
- Toccarsi spesso il viso, sistemarsi i vestiti o giocherellare con oggetti
- Microespressioni (come ansia, colpa, paura) che compaiono per frazioni di secondo
Questi segnali non sono prove definitive, ma indicatori di stress cognitivo. Ed è proprio su questo che si basa la tecnica più efficace per smascherare una bugia.
Il trucco del cervello: interrompere lo script mentale del bugiardo
Il cervello di chi mente segue un “copione” rigido, costruito in ordine cronologico. Ogni menzogna è una sequenza mentale: inventata, memorizzata e mantenuta nella giusta progressione per apparire coerente. Ma basta una domanda fuori contesto per mandare tutto in tilt.
Esempi di domande fuori sequenza che smascherano le bugie:
- “Aspetta, cosa indossava la persona accanto a te?”
- “Prima di arrivare lì, cosa hai fatto appena uscito di casa?”
- “Che sensazione hai provato subito dopo?”
- “Cosa hai pensato appena hai visto quella scena?”
Chi dice la verità può rispondere senza difficoltà, perché i ricordi reali sono vivi, sensoriali e flessibili. Chi mente, invece, deve improvvisare e rischia di contraddirsi, bloccarsi o essere vago.
La versione avanzata: raccontare la storia… al contrario
Per rendere ancora più difficile mentire, esiste una variante potente: chiedere di ripetere la storia all’inverso, partendo dalla fine.
Perché funziona?
- La memoria reale permette di navigare avanti e indietro tra i ricordi
- Una bugia strutturata non regge alla narrazione inversa
- Il cervello del bugiardo va in sovraccarico: deve ricostruire tutto al volo
Questo porta spesso a blocchi (“Non ricordo l’ordine”), incongruenze o risposte confusionarie.
Come applicare questa tecnica nella vita quotidiana (senza sembrare un investigatore)
Questa tecnica è potente ma va usata con tatto, solo quando serve davvero chiarire una situazione. Ecco come:
- Ascolta il racconto senza interrompere, osservando tono, dettagli, gesti
- Fai una domanda fuori ordine, ma naturale (“Ah, e prima di incontrare Tizio cosa stavi facendo?”)
- Osserva la reazione: c’è esitazione, vaghezza, rigidità?
- Chiedi di ripetere la storia al contrario se i dubbi persistono
- Cerca un pattern, non un singolo errore: le bugie spesso si rivelano nel tempo
La scienza dietro la tecnica: stress cognitivo e memoria episodica
Quando ricordiamo un evento reale, attiviamo la memoria episodica, che coinvolge emozioni, sensazioni e dettagli multisensoriali. Mentire invece richiede pensiero strategico, che si affida alla memoria di lavoro: una risorsa limitata e fragile sotto stress.
Questo è confermato da studi pubblicati su riviste come il Journal of Applied Research in Memory and Cognition, dove si dimostra che domande impreviste e la narrazione inversa aumentano l’accuratezza nel rilevare le bugie (Elsevier, 2018).
Quando usarla e perché conta davvero
Non tutte le conversazioni meritano un’analisi così approfondita. Ma in contesti delicati – personali, lavorativi o legali – sapere come smascherare una menzogna può fare la differenza tra una scelta giusta e una manipolazione subita.
Ricorda: non si tratta di giudicare, ma di capire. E la verità, in certi momenti, conta più di ogni altra cosa.
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