Trapianto del pene, una nuova realtà che potrebbe approdare in Italia

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Anche se in pochi ne sono a conoscenza, da qualche tempo è possibile che venga trapiantato persino il pene, anche se ad oggi gli interventi riusciti si contano sulle dita di una mano.

Si tratta di una svolta decisiva per la chirurgia, un intervento del quale potranno beneficiare le persone che – come il  suo pioniere – perdono il pene in seguito a circoncisioni finite male (ogni anno solo in Sudafrica sono almeno 250), ma anche pazienti colpiti da cancro, da anomalie genetiche o dagli effetti collaterali di trattamenti contro la disfunzione erettile.

Il primo trapianto di pene al mondo è stato effettuato in Sudafrica su un paziente di 21 anni che aveva perduto l’organo a causa di una circoncisione rituale finita male. Tre anni prima, al momento dell’insorgere delle complicazioni dopo la circoncisione, i medici erano riusciti a salvare solo un centimetro del pene originale.

Ora il ragazzo ha un pene nuovo e perfettamente funzionante, in ogni suo aspetto. A soli tre mesi dall’intervento, aveva già riguadagnato la perfetta funzionalità dell’organo, sia dal punto di vista urologico che sessuale . L’operazione, durata nove ore, è stata possibile grazie all’organo di un donatore deceduto. La tecnica usata dalla squadra di medici dell’università di Stellenbosch è molto simile a quella utilizzata per i trapianti facciali, la sfida in questi casi è quella di riuscire a unire tra di loro vasi sanguigni e nervi del diametro anche inferiore ai 2 mm.

Anche negli Stati Uniti è stato effettuato un trapianto del pene. Il primato nordamericano spetta ai chirurghi del Massachusetts General Hospital di Boston che hanno trapiantato un nuovo pene, prelevato da un cadavere, ad un uomo di 64 anni che aveva subito la rimozione del suo organo genitale a causa di un problema oncologico.

Trapianto del pene potrebbe approdare in Italia

Trapianto del pene potrebbe approdare in Italia

L’intervento è durato 15 ore ed i chirurghi e ha coinvolto un agguerrito team di 12 specialisti chirurghi e altri 30 sanitari.

Il terzo ed ultimo sempre negli Stati Uniti nel 2016.

Il quarto trapianto di pene al mondo potrebbe essere eseguito in Italia? L’ipotesi arriva dalla tavola rotonda del Congresso Frontiers in Genito-Urinary Reconstruction, che si è svolto a Roma al Policlinico di Tor Vergata, dove i massimi esperti mondiali si confrontano su questo tema.

Le cause di amputazione sono svariate: dai traumi pelvici (sul lavoro, automobilistici o altro ancora) alle infezioni, spesso conseguenza di circoncisioni finite male, sino al tumore, ricordano gli esperti.

«Quella del trapianto è una richiesta destinata ad aumentare», spiega Salvatore Sansalone, co-presidente e direttore scientifico del congresso e direttore del Centro di Chirurgia genito-urinaria della Clinica Sanatrix di Roma. Una crescita «sia tra i pazienti con patologie congenite o post trauma, sia nei pazienti con tumore del pene che, sebbene raro (rappresenta meno dell’1% di tutti i tumori), è in aumento a causa della diffusione delle malattie a trasmissione sessuale: i condilomi, ad esempio, aumentano il rischio da 3 a 5 volte e l’infezione da Hpv è responsabile del 30-40% dei casi».

Questo tipo di trapianto non è affatto semplice, perchè  richiede un’équipe composta da urologi, vascolari e chirurghi plastici. Un intervento estremamente complesso, sottolinea Sansalone: «Oltre a una numerosa équipe di vari specialisti che deve funzionare come una orchestra di altissimo livello, è un intervento che dura molte ore. Altra difficoltà è quella di trovare un organo non solo compatibile, ma che la famiglia del donatore sia disposta a cedere. Basti pensare che in un caso la famiglia ha accettato l’espianto solo con la promessa che al defunto sarebbe stata realizzata una protesi per la sepoltura. Al termine dell’intervento inizia un periodo post operatorio in cui è possibile che l’organo non attecchisca correttamente, venga rigettato dall’organismo del ricevente o non sia funzionante in maniera corretta».

Intanto Curtis Cetrulo, uno dei massimi esperti nel mondo e autore del terzo trapianto, sta lavorando a nuove tecniche che potrebbero ridurre la quantità di farmaci antirigetto che assunti per lunghi periodi presentano il rischio di sviluppare gravi problemi renali e tumori. Le incognite da un intervento del genere sono infatti numerose: rischio di fallimento dell’intervento, rigetto dell’organo, infezioni, usura del pene e necessità di un secondo trapianto dopo alcuni anni, oltre a una terapia immunosoppressiva a vita con rischi per la salute dei reni e tumori.

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