Tumore alla prostata presto possibile prevenirlo attraverso un test della saliva

VEB

Il tumore alla prostata è una formazione di tessuto costituito da cellule che crescono in modo incontrollato e anomalo all’interno della ghiandola prostatica ed è diventato il cancro più frequente nella popolazione maschile dei Paesi occidentali.

La buona notizia è che molti tumori si rivelano poco aggressivi, rimangono confinati alla prostata e presentano un decorso piuttosto lento; ciò significa che i pazienti possono convivere col tumore per anni senza sottoporsi a specifici trattamenti e senza subire conseguenze negative per la loro salute.

Purtroppo, accanto alle forme a crescita molto lenta, esistono anche carcinomi prostatici più aggressivi, con tendenza a metastatizzare. Questi tipi di cancro crescono rapidamente e possono diffondere ad altre parti del corpo (attraverso il sangue o il sistema linfatico), dove le cellule tumorali possono formare tumori secondari (metastasi). In simili circostanze le probabilità di curare la malattia sono molto basse.

Questo tumore rappresenta circa il 20% di tutte le neoplasie diagnosticate tra gli uomini a partire dai 50 anni di età. L’incidenza del carcinoma ha mostrato negli ultimi anni una costante tendenza all’aumento, in particolar modo intorno al 2000, con la maggiore diffusione del test del PSA. Si attende quindi un moderato e costante incremento anche per i prossimi decenni: se per il 2012 si sono stimati circa 36.000 nuovi casi, nel 2020 saranno 44.000 e circa 52.000 nel 2030.

In Italia, i tumori alla prostata rappresentano circa il 15% di quelli che colpiscono la popolazione maschile. Le stime più recenti parlano di 35mila nuovi casi ogni anno e un uomo su otto rischia di ammalarsi nel corso della propria vita.

Il tumore alla prostata insorge, di solito, intorno ai 45 anni ma è difficile andare a rintracciare con precisione le cause che ne determinano lo sviluppo. E’ possibile, però, registrare alcuni fattori che predispongono al rischio di sviluppare la malattia. Tra questi, i fattori genetici, l’età, la storia familiare, la nazionalità e l’etnia non si possono modificare.

Recenti studi inoltre hanno dimostrato che esistono dei geni le cui mutazioni sono maggiormente collegate al tumore alla prostata. Per esempio, mutazioni dei geni BRCA1 or BRCA2 sono associate al tumore del seno e dell’ovaio e possono aumentare il rischio di contrarre il cancro.

Proprio approfondendo questa strada, molto presto da un esame della saliva si potrà capire chi è più a rischio di avere il cancro alla prostata: è partita a Londra la sperimentazione del nuovo test del Dna che cerca i geni di alto rischio, che si stima siano presenti in 1 uomo su 100.

Lo studio, presentato sulla rivista Nature Genetics dai ricercatori dell’Istituto per la ricerca sul cancro di Londra, coinvolge 300 uomini in tre ospedali londinesi.

L’obiettivo è quello di verificare la presenza del rischio e avvertire i pazienti, attraverso campagne di prevenzione. Per l’analisi del dna, l’idea è quella di un test della saliva, da cui partire per ricostruire l’intero codice genetico e individuare eventuali variazioni potenzialmente pericolose.

Nello specifico, i ricercatori, dopo aver studiato oltre 140mila uomini, hanno prima identificato 63 nuove variazioni genetiche che possono aumentare il rischio di tumore alla prostata, e poi le hanno combinate nell’esame del Dna con altre 100 varianti sempre collegate a questo cancro.

“Esaminando il codice genetico di migliaia di uomini in profondità, abbiamo scoperto nuove informazioni vitali sui fattori genetici che possono predisporre a questo tumore”, precisa Ros Eeles, uno dei ricercatori.

Inoltre “abbiamo dimostrato che le informazioni ricavate da più di 150 varianti genetiche possono essere combinate per avere una lettura del rischio ereditario di cancro alla prostata in un uomo”, continua.

Solo gli uomini che dal test risultano più a rischio, dicono i ricercatori, dovrebbero sottoporsi a esami più approfonditi e alla biopsia, evitando indagini non necessarie negli altri casi.

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