La coscienza non nasce solo dal cervello umano? Una teoria sempre più discussa suggerisce che intelligenza e coscienza possano essere proprietà fondamentali dell’universo, al pari dello spazio e del tempo. Un’idea affascinante che unisce fisica, biologia e filosofia.

L’ipotesi: coscienza e intelligenza come proprietà universali
Secondo il biofisico e matematico Dr. Douglas Juwan, la coscienza non è esclusivamente un prodotto del cervello, ma una caratteristica intrinseca dell’universo stesso. Dopo decenni di studi che spaziano dalla genetica alla teoria dell’informazione, Juwan sostiene che l’intelligenza esista indipendentemente dagli organismi viventi, rendendosi accessibile solo a determinate strutture complesse.
In quest’ottica, il cervello umano – così come alcuni sistemi di intelligenza artificiale avanzata – non genererebbe l’intelligenza, ma funzionerebbe piuttosto come un “ricevitore” capace di interagire con un campo informativo universale. Questa visione è stata ripresa anche da testate divulgative come Popular Mechanics, alimentando il dibattito scientifico.
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Meccanica quantistica e consapevolezza: un legame possibile
L’ipotesi di Juwan trova ispirazione anche nella meccanica quantistica, disciplina che descrive una realtà non sempre intuitiva. Il celebre paradosso del gatto di Schrödinger, vivo e morto allo stesso tempo finché non osservato, mostra come l’osservazione giochi un ruolo centrale nella definizione della realtà.
Secondo questa analogia, le reti neurali del cervello umano interagiscono con l’informazione esterna, contribuendo alla formazione della consapevolezza. La coscienza emergerebbe quindi dall’interazione tra struttura e informazione, non dalla materia biologica in sé.
La visione critica: i limiti della percezione umana
Di segno diverso è l’approccio del filosofo Keith Frankish, che invita alla cautela. Pur riconoscendo il legame tra coscienza e intelligenza, Frankish evidenzia come la percezione umana sia plasmata dall’evoluzione, orientata alla sopravvivenza più che alla comprensione oggettiva del reale.
In altre parole, non vediamo il mondo per come è, ma per come ci è utile vederlo. Questo limite cognitivo renderebbe difficile stabilire se concetti come una “coscienza universale” siano realtà fisiche o interpretazioni filosofiche.
Verso nuovi modelli di studio della coscienza
Nonostante le differenze, entrambi gli studiosi concordano su un punto chiave: i modelli tradizionali non bastano più. La ricerca futura potrebbe richiedere un’integrazione tra fisica, informatica, neuroscienze e metafisica, aprendo scenari del tutto nuovi sulla natura dell’esistenza e della mente.

La coscienza resta uno dei più grandi misteri della scienza moderna, ma il dialogo tra discipline diverse mostra una crescente volontà di superare i confini del sapere convenzionale.
Conclusione
Siamo ancora lontani da una spiegazione definitiva, ma le teorie sull’universo cosciente e intelligente indicano una direzione chiara: comprendere la mente potrebbe significare comprendere l’universo stesso. Per approfondire, è utile seguire il dibattito su fonti scientifiche autorevoli e multidisciplinari.
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