Aids, al via trapianti tra persone sieropositive

VEB

Dopo che nei scorsi decenni se ne è parlato, giustamente, quasi fino alla nausea, arrivando però a creare un terrore sovente anche ingiustificato, dato che sono facili e semplici le precauzioni da adottare per non essere contagiati, e non certo emarginando chi ne è già affetto, ultimamente non si parla quasi più di Hiv e Aids.

Ma se il clamore mediatico è scemato, certamente non lo sono la pericolosità del virus in sé ed anche se, con l’uso dei farmaci per tutta la vita, si può condurre un’esistenza quasi normale, allo stesso tempo non esiste ancora una cura definitiva che debelli del tutto la malattia.

Il virus da immunodeficienza umana, conosciuto come HIV, causa l’AIDS infettando e danneggiando parte delle difese del corpo contro le aggressioni esterne, i linfociti, in particolare, che sono un particolare tipo di globuli bianchi che nel sistema immunitario hanno il compito di scacciare i batteri e virus invasori.

L’Aids (Acquired Immunodeficiency Syndrome/Sindrome da immunodeficienza acquisita) è la conseguenza tardiva di un’infezione con il virus HI (Human Immunodeficiency Virus, HIV/virus dell’immunodeficienza umana). In caso di immunodeficienza, la capacità di resistenza del corpo contro gli agenti patogeni è ridotta. Allo stadio avanzato, l’immunodeficienza può causare varie malattie gravi e condurre alla morte.

L’HIV può essere trasmesso attraverso il diretto contatto con il sangue o con i liquidi del corpo di qualcuno che è stato infettato dall’HIV. Il contatto di solito avviene scambiandosi aghi o avendo rapporti sessuali non protetti con una persona infetta. Un neonato può contrarre l’HIV dalla madre che è infetta.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità calcola che HIV-1 abbia già infettato al mondo circa 40 milioni di persone.
Negli ultimi anni si nota un aumento dei casi attribuibili alla trasmissione sessuale.

Aids, al via trapianti tra persone sieropositive

Aids, al via trapianti tra persone sieropositive

Il rischio di infezione è molto diverso e varia da caso a caso in relazione alle modalità di esposizione ed ai fattori predisponenti dell’ospite.

Il rischio di trasmettere l’infezione attraverso una trasfusione è molto elevato (superiore al 90%), ed anche per questo i sieropositivi sono sempre stati esclusi anche dalla donazione degli organi, ma al tal riguardo è in arrivo una novità molto importante.

E’ in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il protocollo che permette la donazione di organi tra pazienti positivi al virus Hiv“, ha annunciato il direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, sottolineando “l’importanza sociale della decisione, che toglie un fattore di discriminazione al soggetto sieropositivo, ovviamente senza modificare la sicurezza con cui viene effettuato un trapianto“.

Fino ad oggi , in Italia ci si è occupati solo di trapianto di organo su persone Hiv positive ma da donatore sano. Negli ultimi dieci anni, la messa a punto di farmaci mirati ha reso l’AIDS sempre meno mortale, riducendo l’infezione da HIV ad una patologia cronica. Le conquiste registrate dalla medicina in questo settore coinvolgono anche i trapianti su soggetti sieropositivi che, a causa dell’infezione, possono andare incontro, nel tempo, anche a disfunzioni multiorgano gravi.

Di fatto anche per il virus Hiv è ora possibile utilizzare pienamente il donatore con patologia, come già avviene per donatore Hcv, ora utilizzabile per altri donatori Hcv“, ha spiegato Nanni Costa.

In tal modo, un sieropositivo che -oltre all’AIDS- rischia di morire per un fegato, un cuore o un rene malato può almeno sperare di superare un primo ostacolo. Certamente si tratterà di intensificare le misure protettive per le mani dei chirurghi e di chi lavora intorno a questi pazienti speciali.

A sottolineare l’eccellenza raggiunta da questo specifico settore della medicina tricolore anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin: “in Italia siamo sempre numeri uno o numeri due al mondo in base alla tipologia di trapianto o di donazione. Siamo una best practice. Lo dico con cognizione di causa”.

Attualmente in Italia ci sono 42 ospedali che praticano trapianti, un numero ridotto rispetto al passato per una semplice questione di ‘qualità’ del servizio, tenendo presente la complessità e i rischi che comportano questi interventi.

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