Alzheimer ed herpes potrebbero avere origine dallo stesso virus

VEB

Due nuovi studi, che utilizzano approcci diversi, rafforzano ulteriormente la teoria dei patogeni, analizzando i trascrittomi di campioni di cervello post-mortem da pazienti con il morbo di Alzheimer, un gruppo di ricercatori ha scoperto che due ceppi di herpesvirus umano sono significativamente più presenti rispetto al cervello di persone della stessa età senza il morbo di Alzheimer. Dunque il primo studio mostrerebbe che il cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer ha una maggiore carica virale. A quanto pare, nello sviluppo di questa complessa patologia, potrebbe essere addirittura coinvolto il “comune” virus dell’herpes.

In particolare, due herpes virus piuttosto comuni potrebbero avere un ruolo nello sviluppo dell’Alzheimer: l’ipotesi è stata sollevata da un nuovo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Neuron e destinato a far discutere neurologi e ricercatori, che già in passato avevano notato un possibile nesso tra virus e Alzheimer.

La ricerca è stata coordinata da Joel Dudley, docente di genetica presso la Icahn School of Medicine at Mt. Sinai di New York (Stati Uniti) e la scoperta è avvenuta un po’ per caso.

Insieme ai suoi colleghi, Dudley aveva avviato un confronto tra campioni genetici prelevati da cervelli sani e da pazienti con Alzheimer per trovare eventuali differenze, sulle quali intervenire con farmaci appositi per sopprimere o per lo meno rallentare la malattia.

Nel farlo, i ricercatori hanno notato una maggiore presenza di virus nei tessuti prelevati da chi aveva sofferto di Alzheimer in vita .

Più nello specifico, gli studiosi, basandosi su test del tessuto cerebrale di circa 1.000 persone, hanno scoperto che due ceppi di virus dell’herpes erano molto più abbondanti nel cervello di quelli con Alzheimer allo stadio iniziale rispetto ai controlli sani.

“I genomi virali erano rilevabili in circa il 30% del cervello di Alzheimer e praticamente non rilevabili nel gruppo di controllo”, ha detto Sam Gandy, professore di neurologia presso la Icahn School of Medicine del Monte Sinai, New York e coautore dello studio.

Le due tipologie di virus sono HHV-6 e HHV-7, che sono molto comuni e possono causare malattie come la cosiddetta “sesta malattia”, il classico e riconoscibile sfogo cutaneo che si ha spesso da piccoli. Questi virus possono anche raggiungere il cervello e rimanere latenti per decenni, senza portare alla manifestazione di nuovi sintomi.

Lo studio chiarisce inoltre che la presenza di questi virus nel cervello non è una causa sufficiente per portare all’Alzheimer. Dudley e colleghi non sono riusciti a spiegare quale sia la molla che fa attivare i virus dopo decenni di inattività, anche se sospettano che il loro risveglio sia dovuto ad alcuni cambiamenti nel funzionamento delle cellule cerebrali.

«Studi precedenti hanno suggerito che i virus potrebbero essere collegati all’Alzheimer, ma questa analisi dettagliata del tessuto cerebrale umano porta questa ricerca ulteriormente avanti, indicando una relazione tra i virus e l’attività dei geni coinvolti nell’Alzheimer, così come i cambiamenti cerebrali, i segnali molecolari, e sintomi associati alla malattia», ha dichiarato David Reynolds, responsabile scientifico dell’Alzheimer’s Research Uk.

«Mentre questi risultati aprono potenzialmente la porta a nuove opzioni terapeutiche da esplorare in una malattia in cui abbiamo avuto centinaia di studi falliti, non cambiano nulla si ciò che conosciamo sul rischio e la suscettibilità della malattia di Alzheimer o la nostra capacità di trattare la malattia al momento», ha concluso Gandy.

Gli scienziati comunque sono divisi sul fatto se i virus possano essere un fattore scatenante o se il cervello di persone già affette da  l’Alzheimer è semplicemente più vulnerabile alle infezioni.

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