Celiachia, 8 bambini su 10 in Europa non sanno di averla

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La celiachia è una malattia autoimmune di cui soffre fino all’1% della popolazione e che viene provocata dal glutine, una proteina collante. Al consumo di varietà di cereali contenenti glutine, come il frumento, la segale, il farro e l’orzo, l’intestino tenue si infiamma.

In Italia è riconosciuta come malattia sociale, tanto che si stima colpisca all’incirca 400/600.000 Italiani, cioè una persona ogni 100/150 abitanti. Dato che molti soggetti convivono per molti anni con questa condizione senza accusare disturbi particolarmente gravi, il numero di casi diagnosticati (circa 160mila nel 2012) è molto inferiore rispetto alla reale incidenza della patologia.
Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/celiachia.html

La Celiachia è caratterizzata da un quadro clinico variabilissimo, che va dalla diarrea profusa con marcato dimagrimento, a sintomi extraintestinali, alla associazione con altre malattie autoimmuni. A differenza delle allergie al grano, la Celiachia e la Dermatite Erpetiforme non sono indotte dal contatto epidermico con il glutine, ma esclusivamente dalla sua ingestione. La Celiachia non trattata può portare a complicanze anche drammatiche, come il linfoma intestinale.

Già piccolissime quantità di glutine possono provocare disturbi. Se non si modificano le abitudini alimentari, i villi intestinali regrediscono e la mucosa danneggiata dell’intestino tenue non è più in grado di metabolizzare sufficientemente le sostanze nutritive, con conseguente malnutrizione.

La celiachia può essere identificata con assoluta sicurezza attraverso la ricerca sierologica e la biopsia della mucosa duodenale in corso di duodenoscopia, ma la dieta aglutinata è l’unica terapia disponibile  e va eseguita con rigore per tutta la vita.

Nei bambini la celiachia si sviluppa nei primi anni di vita, spesso già dopo lo svezzamento quando passano dal latte materno ai cibi contenenti glutine. Se non la si scopre in tempo, i bambini potrebbero soffrire di disturbi di crescita e sviluppo.

Ecco perché i dati appena diffusi sono a dir poco allarmanti: in tutta Europa, il numero delle nuove diagnosi di celiachia nei bambini non è mai stato così basso.

In Europa, oltre l’80% dei casi non sarebbe ancora stato diagnosticato. E’ questo l’allarme lanciato dagli esperti alla vigilia della Giornata mondiale della celiachia, promossa dalla Federazione delle associazioni europee che si occupano di questa patologia cronica.

In Italia la giornata è inserita all’interno della Settimana nazionale della celiachia dell’Aic (Associazione italiana celiachia) che tutela i malati e le loro famiglie. Nel nostro Paese i pazienti diagnosticati sono soltanto 200.000 a fronte di una stima di 600.000 celiaci (fonte ministero della Salute).

I bambini diagnosticati fino ai 10 anni sono solo 21.277. questo vuol dire che tutti gli altri continuano a vivere con i sintomi – anche se non sempre – della malattia per almeno sei anni: questo è l’intervallo medio che ogni celiaco vive sulla propria pelle, tra il primo consulto medico e l’ottenimento di una diagnosi corretta.

Il problema è particolarmente sentito tra i più piccoli, perché «una mancata o tardiva diagnosi compromette il processo di crescita e di sviluppo – sostiene Caterina Pilo, direttore generale dell’Associazione Italiana Celiachia -. Questo perché una celiachia non diagnosticata può determinare perdita di peso, stanchezza cronica, ritardo nella maturazione sessuale e fragilità ossea nei pazienti più piccoli».

Eppure, stando alle ultime indicazioni dei gastroenterologi europei, per i pazienti più piccoli non è più previsto l’esame endoscopico.

Differenti, a seconda dell’età, sono anche i percorsi per il monitoraggio della malattia. Spiega Marco Silano, direttore del reparto alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità e coordinatore del board scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia: «Il primo controllo deve avvenire a un anno dalla diagnosi. Successivamente ogni due anni, salvo complicanze. Occorre porre più attenzione in età adolescenziale: in questo periodo l’aderenza alla dieta senza glutine è spesso ridotta».

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