L’immagine è potente, scolpita nell’immaginario collettivo da secoli di arte e racconti: il diavolo, con forconi e ghigni malevoli, che orchestra le torture eterne delle anime dannate nelle profondità infuocate dell’Inferno. Ma questa rappresentazione, tanto vivida quanto terrificante, affonda le sue radici più nella letteratura e nella cultura popolare che nella teologia pura.
Quando ci si interroga su come il diavolo tormenti i peccatori, la risposta si biforca, seguendo due sentieri distinti: quello, spettacolare e dettagliato, della finzione poetica, e quello, più sobrio e complesso, della dottrina religiosa.

La Visione Dantesca: il Contrappasso e i Diavoli “Funzionari”
Nessuno ha plasmato la nostra idea dell’Inferno più di Dante Alighieri. Nella sua Divina Commedia, il tormento delle anime non è casuale né affidato al sadismo fine a se stesso. Ogni punizione segue una regola ferrea e simbolica: il contrappasso. Le pene a cui i dannati sono sottoposti sono l’analogia o l’esatto opposto dei peccati che hanno commesso in vita, una sorta di giustizia poetica ed eterna.
In questo sistema, il diavolo non è un’unica entità che si occupa di ogni singola anima. Lucifero, il principe delle tenebre, è paradossalmente il più impotente dei dannati. Conficcato al centro della Terra, nel lago ghiacciato di Cocito, la sua tortura è l’immobilità. Con le sue tre bocche maciulla eternamente i tre traditori per eccellenza: Giuda, Bruto e Cassio. La sua sofferenza genera il vento gelido che congela l’ultimo cerchio, punendo a sua volta gli altri traditori. Non è un aguzzino attivo, ma un epicentro di pena, lui stesso prigioniero della sua stessa malvagità.
Sono piuttosto i suoi sottoposti, i demoni minori, a svolgere il ruolo di carcerieri e torturatori attivi in specifiche zone dell’Inferno. I più celebri sono i Malebranche, una “squadraccia” di diavoli armati di uncini che sorvegliano i barattieri immersi nella pece bollente, pronti a arpionare chiunque tenti di emergere. Ogni girone ha i suoi guardiani e le sue pene specifiche, che riflettono la natura del peccato:
- I lussuriosi, che in vita furono travolti dalla bufera della passione, sono ora eternamente sballottati da una tempesta incessante.
- I golosi giacciono nel fango sotto una pioggia gelida e maleodorante, dilaniati dal mostruoso cane a tre teste, Cerbero.
- I violenti contro il prossimo sono immersi in un fiume di sangue bollente, il Flegetonte, sorvegliati dai Centauri che li colpiscono con le frecce se tentano di emergere più di quanto concesso.
- Gli ipocriti camminano lentamente, schiacciati da pesantissime cappe di piombo, dorate all’esterno ma grevi all’interno, simbolo della loro falsità.
In questa complessa architettura, la tortura è una conseguenza diretta e quasi “burocratica” del peccato, un meccanismo di giustizia divina in cui i diavoli sono meri esecutori.
La Prospettiva Teologica: il Diavolo è un Prigioniero, non un Carceriere
Se ci si allontana dalla letteratura per avvicinarsi ai testi sacri, la prospettiva cambia radicalmente. La Bibbia, infatti, non descrive Satana come il signore e sovrano dell’Inferno che si diletta a torturare le anime. Al contrario, l’Inferno, o più precisamente il “lago di fuoco”, è descritto come il luogo preparato non solo per gli uomini peccatori, ma per il diavolo e i suoi angeli ribelli (Matteo 25, 41).
Secondo questa visione, Satana non sarà il tormentatore, ma uno dei tormentati. Il suo destino finale è quello di essere gettato nel lago di fuoco per subire una punizione eterna. L’idea che egli gestisca le pene è un mito che non trova fondamento nelle Scritture. La vera sofferenza infernale, secondo molte interpretazioni teologiche, non è tanto il fuoco materiale o la tortura fisica inflitta da demoni, quanto la separazione eterna da Dio. È uno stato di angoscia perpetua, di privazione dell’amore e della luce divina, la consapevolezza di aver perso per sempre il bene supremo.
In quest’ottica, la vera “tortura” è l’assenza di Dio e la convivenza con il male puro, in uno stato di odio, rimorso e disperazione senza fine. Il diavolo non è il re di un regno oscuro, ma il primo e più grande prigioniero della condanna eterna.
Quindi, mentre l’immagine del diavolo che infligge tormenti rimane un potente archetipo culturale, alimentato da capolavori come quello di Dante, la visione teologica offre una realtà diversa e, per certi versi, ancora più profonda: la peggior tortura non è quella inflitta da un nemico esterno, ma quella che nasce dalla scelta di vivere eternamente lontani dalla fonte di ogni bene.
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