Concorrenza sleale, in realtà di cosa si tratta

VEB

In nostro paese, ed in generale in tutti i paesi occidentali, vige il libero mercato: qualsiasi operatore economico può scegliere di vendere un determinato prodotto, ad una determinato prezzo, selezionando così di conseguenza anche la clientela a cui vuole rivolgersi.

Nessuna limitazione, quindi, in teoria nell’entrare e nell’uscire dal mercato, ma nella realtà la libertà non deve travalicare certi limiti, sfociando in quella che viene definita “concorrenza sleale”.

Di cosa si tratta?

Secondo la definizione più utilizzata, la concorrenza sleale indica l’utilizzo di tecniche, pratiche, comportamenti e mezzi illeciti per ottenere un vantaggio sui competitori o per arrecare loro un danno.

Nell’ordinamento italiano, la concorrenza sleale è repressa e sanzionata dagli art. 2598-2601 c.c.. Sono espressamente considerati atti di concorrenza sleale: quelli volti a creare confusione con i prodotti o l’attività di un concorrente; quelli consistenti nella diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti o l’attività del concorrente idonei a determinarne il discredito; quelli consistenti nell’appropriazione dei pregi altrui.

È bene sottolineare che il danno da concorrenza sleale non è solo la sottrazione di clientela, ma anche gli atti di denigrazione che si traducono in nocumento all’immagine e dunque in una diminuzione di vendita dei prodotti.

L’art. 2600 del Codice civile italiano impone il risarcimento del danno per gli atti di concorrenza sleale compiuti con dolo o colpa.

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