Fin dall’antichità, l’essere umano ha cercato di dare un senso agli eventi imprevedibili della vita, spesso attribuendo la buona o cattiva sorte a oggetti, azioni o circostanze specifiche. Ma cosa c’è di vero nelle credenze popolari sulle cose che portano sfortuna? Ecco alcune delle superstizioni più diffuse, cerchiamo anche di capirne le origini e il loro impatto sulla nostra psiche.

Le Origini delle Superstizioni Più Comuni
Molte delle superstizioni che conosciamo oggi affondano le radici in epoche passate, spesso legate a eventi storici, a interpretazioni errate di fenomeni naturali o a tradizioni culturali. Prendiamo ad esempio il gatto nero: in alcune culture, come quella egizia, era venerato; nel Medioevo europeo, invece, fu associato alla stregoneria e al male, probabilmente a causa del suo carattere notturno e misterioso. Questa associazione negativa persiste ancora oggi per molti.
Un’altra superstizione diffusa riguarda lo specchio rotto, che si dice porti sette anni di sfortuna. L’origine di questa credenza risalirebbe all’antica Roma, dove si credeva che l’immagine riflessa nello specchio fosse un’estensione dell’anima della persona. Rompere uno specchio significava quindi danneggiare la propria anima, e siccome si riteneva che la vita si rinnovasse ogni sette anni, ecco spiegati i “sette anni di sfortuna”.
Anche l’aprire un ombrello al chiuso è considerato un presagio negativo. Una teoria suggestiva fa risalire questa superstizione all’antico Egitto, dove gli ombrelli erano usati per proteggere i nobili dal sole. Aprirli al chiuso sarebbe stato un affronto agli dei del sole, che avrebbero reagito con sfortuna. Un’altra spiegazione più pratica suggerisce che nell’Inghilterra vittoriana, gli ombrelli rigidi e ingombranti potevano causare infortuni se aperti in spazi ristretti, rendendo l’atto indesiderabile.
Psicologia e Superstizione: Come Funziona la Nostra Mente
Al di là delle origini storiche, è interessante analizzare il ruolo che la psicologia gioca nella persistenza delle superstizioni. Spesso, la mente umana tende a cercare schemi e correlazioni anche dove non ci sono, un fenomeno noto come pareidolia o apofenia. Quando accade qualcosa di negativo dopo aver “infranto” una superstizione, siamo più propensi a collegare i due eventi, rafforzando la nostra credenza.
Come spiega il Dott. Bruce M. Hood, professore di psicologia dello sviluppo all’Università di Bristol e autore di “SuperSense: Why We Believe in the Unbelievable”, le superstizioni possono fornire un senso di controllo in situazioni incerte. “Credere di poter influenzare la fortuna ci dà un senso di agency in un mondo altrimenti caotico”, afferma Hood. Questo è particolarmente vero in momenti di stress o incertezza, quando le persone tendono a ricorrere maggiormente a rituali o credenze scaramantiche.
Inoltre, il condizionamento sociale gioca un ruolo fondamentale. Crescendo, siamo esposti alle credenze dei nostri genitori, amici e della cultura circostante, che possono internalizzare le superstizioni anche in assenza di prove concrete.
In conclusione, sebbene molte delle cose che crediamo portino sfortuna abbiano origini affascinanti e a volte curiose, la loro influenza sulla nostra vita è spesso più legata alla psicologia e alla cultura che a un’effettiva forza mistica. Comprendere questi meccanismi può aiutarci a distinguere tra mito e realtà, vivendo con maggiore consapevolezza.
Per approfondire l’affascinante mondo delle superstizioni e della psicologia umana, vi consigliamo di consultare:
- Cicap – Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze
- Focus – La scienza risponde alle superstizioni
Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!