Per millenni, i geroglifici egizi sono rimasti un enigma affascinante e impenetrabile, un codice silenzioso inciso su templi e tombe che custodiva i segreti di una delle civiltà più grandiose della storia. La loro decifrazione non è stata un singolo evento, ma un’avvincente avventura intellettuale che ha avuto il suo culmine grazie a un ritrovamento fortuito e all’incredibile acume di un giovane studioso francese. La chiave di volta per decifrare la scrittura egizia è stata la Stele di Rosetta, una scoperta che ha permesso di ridare voce a un’intera civiltà.

Non Solo Geroglifici: I Tre Volti della Scrittura Egizia
Contrariamente a quanto si possa pensare, gli antichi Egizi non utilizzavano unicamente la scrittura geroglifica. Nel corso della loro lunga storia, svilupparono tre diversi sistemi di scrittura, ciascuno con le sue specificità e il suo ambito di utilizzo:
- Geroglifico: La più antica e iconica forma di scrittura, caratterizzata da segni pittorici di grande bellezza. Era considerata la “scrittura degli dei” e veniva impiegata prevalentemente per iscrizioni monumentali su templi e tombe. Poteva essere letta da destra a sinistra, da sinistra a destra o dall’alto verso il basso, a seconda dell’orientamento delle figure.
- Ieratico: Una forma corsiva e semplificata del geroglifico, sviluppata per rendere la scrittura più rapida. Era la grafia utilizzata da sacerdoti e scribi per testi religiosi, documenti amministrativi e opere letterarie su papiro.
- Demotico: Un’ulteriore semplificazione dello ieratico, entrata in uso in epoca più tarda (intorno al VII secolo a.C.). Era la scrittura della vita quotidiana, impiegata per documenti legali, contratti e lettere.
La comprensione di queste tre forme di scrittura è stata fondamentale per arrivare alla decifrazione completa.
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La Stele di Rosetta: Una Scoperta Casuale che ha Cambiato la Storia
La svolta decisiva avvenne nel 1799, quando i soldati di Napoleone Bonaparte, durante la campagna d’Egitto, scoprirono una lastra di granodiorite nera nei pressi della città di Rashid (Rosetta, in francese). Questa lastra, oggi nota come Stele di Rosetta ed esposta al British Museum, riportava lo stesso decreto sacerdotale del 196 a.C. in onore del faraone Tolomeo V Epifane, ma in tre grafie diverse: geroglifico, demotico e greco antico.
L’importanza della stele fu subito chiara: il greco era una lingua conosciuta e poteva fungere da traduzione per le altre due scritture misteriose. Era l’equivalente di un manuale di decodifica che attendeva solo di essere compreso.
Il Genio di Jean-François Champollion
Numerosi studiosi si cimentarono nell’impresa, ma fu Jean-François Champollion (1790-1832), un giovane e brillante linguista francese, a compiere il passo decisivo. Fin da bambino, Champollion aveva coltivato una profonda passione per l’Egitto e si era dedicato allo studio di numerose lingue antiche, tra cui il copto, l’ultima fase della lingua egizia, scritta con caratteri greci.
Il suo approccio fu rivoluzionario. Mentre altri credevano che i geroglifici fossero puramente simbolici, Champollion ipotizzò che si trattasse di un sistema complesso, una combinazione di elementi diversi:
- Ideogrammi: Segni che rappresentano l’oggetto raffigurato o un’idea correlata.
- Fonogrammi: Segni che rappresentano suoni, simili alle nostre lettere.
- Determinativi: Segni muti posti alla fine di una parola per chiarirne la categoria semantica (es. un uomo seduto per indicare un nome maschile o una professione).
La vera illuminazione arrivò nel 1822, quando Champollion riuscì a decifrare i nomi dei faraoni Tolomeo e Cleopatra all’interno dei cartigli, le caratteristiche cornici ovali che racchiudevano i nomi reali. Confrontando i segni geroglifici con le lettere greche dei rispettivi nomi sulla Stele di Rosetta e su altri reperti, come l’obelisco di Philae, riuscì a identificare il valore fonetico di diversi geroglifici.
La sua profonda conoscenza del copto si rivelò essenziale. Come riportato negli archivi della Bibliothèque Nationale de France, Champollion utilizzò i suoni della lingua copta per “dare voce” ai geroglifici, ricostruendo la pronuncia dell’antica lingua egizia. La sua celebre esclamazione “Je tiens mon affaire!” (“Ce l’ho fatta!”) segnò la nascita dell’Egittologia moderna. Grazie a lui, le silenziose pietre dell’Egitto avevano finalmente ricominciato a parlare.
FAQ – Domande Frequenti sulla Scrittura Egizia
Come si capisce la direzione di lettura dei geroglifici? La direzione di lettura dei geroglifici è indicata dall’orientamento delle figure umane e animali. Queste guardano sempre verso l’inizio del testo. Se le figure guardano a sinistra, si legge da sinistra a destra; se guardano a destra, la lettura procede da destra a sinistra.
Tutti gli Egizi sapevano scrivere? No, la scrittura era un’abilità riservata a una élite. Gli scribi erano figure di grande prestigio nella società egizia e impiegavano anni per imparare le complesse tecniche di scrittura. La maggior parte della popolazione era analfabeta e si affidava a loro per ogni necessità burocratica e legale.
Perché la conoscenza dei geroglifici andò perduta? Con la diffusione del Cristianesimo in Egitto e l’adozione dell’alfabeto copto (derivato dal greco), l’uso delle antiche scritture egizie declinò progressivamente. L’ultima iscrizione geroglifica conosciuta risale al 394 d.C., nel tempio di File. Da quel momento, il significato di quei segni venne dimenticato per oltre 1400 anni.
Cosa significa la parola “geroglifico”? Il termine “geroglifico” deriva dal greco “hieroglyphikà gràmmata”, che significa “lettere sacre incise”. Questo nome fu dato dai Greci perché osservarono questa scrittura principalmente sui monumenti sacri, come templi e tombe, e compresero la sua importanza religiosa e cerimoniale per la civiltà egizia.
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