Con il termine antibiotico si intende un gruppo di composti in grado di impedire lo sviluppo di batteri.
Le ormai numerosissime molecole disponibili inibiscono lo sviluppo dei batteri attraverso meccanismi di azione differenti, che mirano però essenzialmente a due obiettivi: distruggere l’involucro protettivo esterno della cellula batterica e interferire con le reazioni biochimiche che le consentono di sopravvivere e di riprodursi.
A seconda dell’effetto finale sulla cellula batterica i vari farmaci vengono poi suddivisi in: battericidi, se ne provocano direttamente la morte e batteriostatici, se ne bloccano la crescita (lasciando così al sistema immunitario il compito di eliminarla definitivamente).
Un antibiotico ad ampio spettro può essere usato per curare molti tipi di infezioni. Uno a specchio ristretto è efficace solo contro alcuni tipi di batteri. Esistono antibiotici che attaccano i batteri aerobici e altri quelli anaerobici. I batteri aerobici hanno bisogno di ossigeno, gli altri no.
Gli antibiotici possono essere somministrati in anticipo per prevenire infezioni come nel caso di un intervento chirurgico. Si parla di uso “profilattico” degli antibiotici: si usano generalmente prima di un intervento chirurgico ortopedico e all’intestino.
La maggior parte degli antibiotici comincia ad agire sull’infezione nel giro di poche ore. È importante ricordarsi di completare l’intero ciclo di cure per evitare che l’infezione si ripresenti. Se non si completa tutto il ciclo c’è una maggiore possibilità che i batteri diventino resistenti a futuri trattamenti. Alcuni antibiotici non vanno presi con determinati alimenti e bevande. Altri non vanno presi a stomaco pieno.
Va ricordato però che l’assunzione di farmaci antibatterici è appropriata esclusivamente nelle infezioni causate da batteri, mentre è inutile e inopportuna in corso di malattie causate da agenti infettivi diversi (virus, funghi, protozoi), a meno che non sussista il rischio che queste si complichino per il sovrapporsi di infezioni batteriche.
Proprio l’uso massiccio e spropositato degli antibiotici ha dato origine a un fenomeno in costante crescita: l’antibioticoresistenza.
A quanto pare, nel 2025 potrebbero essere 1 milione i decessi per malattie infettive nella sola Unione Europea: l’allarme arriva dall’Associazione Dossetti in occasione del convegno “Superbugs 2050, il countdown è iniziato”, proprio nello stesso giorno in cui l’Oms pubblica il rapporto sulla sorveglianza dell’antibioticoresistenza nel quale stima che siano mezzo milione i casi di infezioni resistenti agli antibiotici.
Nello specifico, secondo l’Oms i batteri resistenti più comunemente riportati sono stati Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae, seguiti da Salmonella. Il sistema non include però i dati sulla resistenza del Mycobacterium tuberculosis, che causa la tubercolosi, dal momento che l’Oms lo monitora dal 1994 separatamente e fornisce aggiornamenti annuali nel rapporto globale sulla Tbc. Dunque le cifre potrebbero essere anche più alte.
“Il rapporto conferma la grave situazione di resistenza agli antibiotici in tutto il mondo“, spiega Marc Sprenger, direttore del Segretariato della resistenza antimicrobica dell’Oms. Un report in realtà già previsto, visto che da tempo studi e analisi mettono in guardia dal fenomeno dei super batteri.
“Il rapporto è un primo passo fondamentale per migliorare la nostra comprensione dell’entità della resistenza antimicrobica. La sorveglianza è agli inizi, ma è fondamentale svilupparla se vogliamo anticipare e affrontare una delle più grandi minacce alla salute pubblica globale“, afferma Carmem Pessoa-Silva, che coordina il nuovo sistema di sorveglianza dell’Oms.
Ricordiamo che il sistema di sorveglianza Global Antimicrobial Surveillance System (Glass) è stato lanciato dall’Oms nell’ottobre 2015 per far fronte a un’emergenza crescente, quella di super batteri che non rispondono agli antimicrobici normalmente utilizzati per debellarli. La particolarità è quella di cercare di monitorare la situazione non solo in Europa e nelle nazioni ad alto reddito, ma anche nei paesi meno ricchi. L’Italia non ha ancora aderito a questo progetto.