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La scienza scopre un terzo stato dopo la morte

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Un’importante scoperta scientifica sta rivoluzionando la nostra comprensione della linea tra vita e morte. Gli studiosi hanno individuato un “terzo stato”, che sfida le concezioni tradizionali di questi due stati, mostrando che la vita biologica non si arresta del tutto con la morte di un organismo. In questo affascinante campo di ricerca, si sta osservando come alcune cellule possano continuare a funzionare e persino trasformarsi in entità multicellulari dopo la morte.

La scienza scopre un terzo stato dopo la morte
foto@pixabay

Il concetto comune della morte implica la cessazione totale di ogni attività biologica. Tuttavia, la realtà è più complessa. Anche dopo che un organismo è stato dichiarato morto, alcune cellule e tessuti continuano a svolgere le loro funzioni per un certo periodo. Questo lasso di tempo può variare notevolmente in base al tipo di cellula e alle condizioni ambientali in cui si trovano.

Un esempio rilevante è quello dei leucociti umani, che possono sopravvivere fino a 86 ore dopo la morte, o delle cellule muscolari dei topi, che sono state rigenerate due settimane dopo la morte. Ancor più sorprendente è che i fibroblasti di pecore e capre sono stati coltivati con successo quasi un mese dopo la morte degli animali.

La durata di vita delle cellule post-mortem è influenzata da diversi fattori, tra cui le condizioni ambientali e il metabolismo cellulare. Anche le tecniche di conservazione come la criogenia possono prolungare la vitalità dei tessuti, consentendone l’utilizzo in modo simile a quello dei donatori viventi.

Ciò che rende davvero eccezionale questa scoperta è la capacità di alcune cellule non solo di sopravvivere dopo la morte, ma di trasformarsi in nuovi organismi multicellulari. Questo fenomeno è stato osservato in numerosi studi, aprendo nuove prospettive in biologia cellulare.

Uno degli esempi più straordinari è rappresentato dagli xenobot, strutture viventi create a partire da cellule epiteliali di embrioni di rana. In laboratorio, queste cellule si organizzano spontaneamente in organismi multicellulari capaci di muoversi, ripararsi e persino replicarsi, un processo noto come autoreplicazione cinematica.

In parallelo, i ricercatori hanno scoperto che anche le cellule isolate dai polmoni umani possono formare entità multicellulari chiamate antropobot. Queste microscopiche strutture si muovono nell’ambiente e possono aiutare nella rigenerazione di cellule neuronali danneggiate.

La scoperta di questo “terzo stato” cellulare ha implicazioni di vasta portata, sia teoriche che pratiche. Da un punto di vista teorico, sfida la concezione tradizionale di vita e morte, suggerendo che la morte di un organismo potrebbe giocare un ruolo attivo nell’evoluzione e nell’adattamento biologico. Da un punto di vista pratico, l’applicazione di queste scoperte potrebbe rivoluzionare la medicina. Gli antropobot, ad esempio, potrebbero essere progettati per distribuire farmaci in modo mirato, senza scatenare reazioni immunitarie, o per svolgere compiti specifici, come rimuovere placche arteriose nei pazienti affetti da aterosclerosi.

Queste entità hanno anche un meccanismo di sicurezza incorporato: si degradano naturalmente entro 4-6 settimane, prevenendo una crescita cellulare incontrollata. Man mano che la ricerca in questo campo progredisce, ci si avvicina a una nuova era della medicina personalizzata, con la possibilità di terapie innovative e soluzioni per condizioni che attualmente dispongono di poche opzioni terapeutiche.

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