Le esperienze pre-morte sono reali, non sono allucinazioni

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Nel dicembre del 2020, l’80enne Aubrey Austin ha attraversato un’esperienza che ha cambiato profondamente il suo modo di percepire la vita e la morte.

Le esperienze pre-morte sono reali non sono allucinazioni
Foto@Pixabay

Durante un delicato intervento chirurgico, ha vissuto quella che viene definita “esperienza di pre-morte“, un fenomeno che ha iniziato ad essere documentato con maggiore frequenza a partire dal 1960, anno in cui è stata introdotta la rianimazione cardiopolmonare.

Questo fenomeno, studiato da Sam Parnia, medico di terapia intensiva presso la New York University, si verifica nel momento in cui una persona viene rianimata dopo un arresto cardiaco e respiratorio. Chi vive queste esperienze racconta di una lucidità mentale accentuata e di una percezione elevata della propria coscienza.

Austin ha raccontato di essere stato in una dimensione diversa durante l’intervento, di aver assistito alle manovre chirurgiche e di avere persino interagito con entità superiori, una delle quali ha interpretato come una manifestazione divina. Dalla sua narrazione emerge una luce brillante e accogliente e un angelo confortante che gli ha predetto il suo ritorno nel mondo dei vivi.

Le testimonianze di questo tipo spesso portano i sopravvissuti a riflettere profondamente sul senso della vita e a riconsiderare i propri valori etici e morali, instillando una visione rinnovata del mondo che li circonda.

Recentemente, un team di ricercatori ha indagato sulle attività cerebrali che accompagnano queste esperienze in uno studio pubblicato sulla rivista “Resuscitation”. In questa ricerca, condotta in 25 ospedali distribuiti tra gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Bulgaria, è stato monitorato il cervello di individui in stato di “morte clinica” durante i tentativi di rianimazione.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, i ricercatori hanno rilevato una persistente attività elettrica nel cervello, associata a diverse onde cerebrali, persino dopo l’arresto cardiaco. Tuttavia, solo una piccola percentuale dei partecipanti è stata rianimata con successo e una frazione ancor minore ha riferito di essere stata consapevole durante il processo di rianimazione.

Parnia sottolinea l’importanza di queste scoperte, affermando che le esperienze di pre-morte non sono frutto di allucinazioni, ma rappresentano una realtà vissuta nel momento del trapasso.

Le conclusioni dello studio hanno sollevato un vivace dibattito nel mondo scientifico. Bruce Grayson, professore emerito di psichiatria e scienze neurocomportamentali, ha espresso perplessità, sostenendo l’assenza di una correlazione diretta tra l’attività elettrica registrata e lo stato di coscienza.

Nonostante le controversie, la ricerca ha aperto una nuova porta nella comprensione del misterioso confine tra vita e morte, un campo ancora largamente inesplorato e ricco di potenziali scoperte.

Austin, ora 82enne, è convinto di essere stato richiamato alla vita con uno scopo ben preciso: condividere la sua esperienza eccezionale e forse, attraverso la sua testimonianza, fornire un raggio di luce nel dibattito sulla natura della coscienza umana e sulle esperienze al limite tra vita e morte.

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