Nel cuore delle montagne del South Dakota, a più di 1.500 metri sotto terra, un gruppo di scienziati internazionali è impegnato in una delle più grandi sfide dell’astrofisica moderna: scoprire perché esiste l’universo. Al centro di questo sforzo titanico c’è il Deep Underground Neutrino Experiment (DUNE), un progetto guidato dagli Stati Uniti che mira a rispondere a una domanda fondamentale: perché l’universo è composto di materia e non si è annichilito con l’antimateria subito dopo il Big Bang?

Il laboratorio sotterraneo del Sanford Underground Research Facility (SURF), descritto dal direttore scientifico Dr. Jaret Heise come una “cattedrale della scienza”, ospita gigantesche caverne isolate da radiazioni e rumori terrestri. È qui che si costruirà un rivelatore sofisticatissimo in grado di rilevare i neutrini, particelle subatomiche quasi prive di massa e incredibilmente elusive.
Perché i neutrini sono così importanti?
Secondo l’attuale modello cosmologico, il Big Bang avrebbe prodotto quantità equivalenti di materia e antimateria. In teoria, queste dovrebbero essersi annichilate a vicenda, lasciando solo energia. Ma l’universo, come lo conosciamo, esiste: fatto di stelle, pianeti e vita. Gli scienziati credono che i neutrini — e in particolare le differenze tra neutrini e antineutrini — possano nascondere il segreto della supremazia della materia.
Per testare questa ipotesi, DUNE invierà un fascio di neutrini dall’Illinois al South Dakota, a circa 1.300 km di distanza. L’obiettivo è analizzare se i neutrini e gli antineutrini si comportano in modo diverso durante il loro viaggio. Una differenza nel loro comportamento potrebbe spiegare perché la materia ha vinto sulla sua controparte speculare.
“Con la collaborazione di oltre 1.400 scienziati da 35 Paesi, stiamo per costruire uno dei rivelatori più avanzati al mondo, capace di cambiare la nostra comprensione dell’universo”, ha dichiarato il Dr. Heise.
La sfida giapponese: Hyper-Kamiokande
Ma gli Stati Uniti non sono soli in questa impresa. In Giappone, un team rivale sta costruendo l’Hyper-Kamiokande (Hyper-K), una versione più grande e avanzata del celebre Super-Kamiokande, noto per aver contribuito alla scoperta delle oscillazioni dei neutrini, premiata con il Nobel nel 2015.
Guidato da ricercatori dell’Università di Tokyo con il supporto di collaborazioni internazionali — tra cui l’Imperial College London — il progetto Hyper-K mira a lanciare il proprio fascio di neutrini entro tre anni, battendo sul tempo gli americani.
“Siamo pronti prima e il nostro rivelatore sarà più grande,” ha affermato con orgoglio il Dr. Mark Scott dell’Imperial College.
Tuttavia, secondo Linda Cremonesi della Queen Mary University of London, che collabora con il progetto DUNE, l’esperimento giapponese, pur potenzialmente più rapido, potrebbe non offrire una visione completa:
“Hyper-K è in vantaggio, ma non dispone ancora di tutti gli elementi necessari per distinguere chiaramente il comportamento dei neutrini e degli antineutrini.”
Un enigma ancora aperto
Entrambi gli esperimenti impiegheranno anni prima di fornire risultati definitivi, ma il loro impatto potrebbe essere rivoluzionario. Capire perché la materia abbia prevalso sull’antimateria significherebbe rispondere a una delle domande più antiche dell’umanità: perché esistiamo?
Come sottolinea il professor Jonathan Bamber dell’Università di Bristol, si tratta di una sfida enorme, ma ora finalmente a portata di mano grazie ai progressi tecnologici, informatici e ingegneristici.
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