In breve
- L’overthinking è il pensare eccessivo, spesso ossessivo, su situazioni passate o future;
- In psicologia è collegato a disturbi come ansia, depressione e bassa autostima;
- Esistono tecniche cognitive e comportamentali efficaci per gestirlo.
Cosa significa overthinking in psicologia
In psicologia, il termine overthinking descrive la tendenza a riflettere in modo eccessivo e spesso improduttivo su eventi, decisioni o situazioni, sia passate che future. Si tratta di un comportamento mentale che porta il cervello a rimuginare continuamente, generando pensieri ripetitivi, dubbi, e scenari ipotetici che non trovano mai una conclusione soddisfacente. Chi soffre di overthinking non riesce a “staccare” la mente, anche di fronte a problemi banali, trasformandoli in fonti di stress e insicurezza.

Questa dinamica non è solo fastidiosa, ma può diventare un vero e proprio ostacolo al benessere psicologico: diversi studi confermano infatti che l’overthinking è strettamente legato a disturbi come l’ansia, la depressione e l’insonnia. È come se la mente entrasse in un loop di pensieri negativi, impedendo di vivere pienamente il presente.
Nella pratica clinica, l’overthinking viene spesso inquadrato come rimuginio (rumination) o preoccupazione (worry), due forme distinte ma simili di pensiero ripetitivo. La prima è più legata al passato, mentre la seconda si concentra sul futuro. In entrambi i casi, la persona si sente mentalmente bloccata, in uno stato di continua attivazione senza sbocchi concreti.
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Le cause dell’overthinking
L’overthinking non nasce dal nulla: si sviluppa spesso come risposta automatica a stress, incertezza o esperienze negative. Tra le principali cause troviamo una bassa autostima, che porta a mettere in discussione ogni decisione presa, nel timore di sbagliare. Altri fattori scatenanti sono una tendenza al perfezionismo, esperienze di rifiuto, o una storia personale segnata da critiche costanti.
Anche il contesto culturale gioca un ruolo importante: in un mondo iper-connesso e orientato alla performance, è facile cadere nella trappola del “pensare troppo” per analizzare ogni opzione prima di agire. La pressione sociale può spingere l’individuo a rimuginare costantemente sul proprio valore o sul giudizio degli altri.
Infine, l’overthinking può avere una componente biologica o familiare, legata alla predisposizione all’ansia o a disturbi dell’umore. In molte situazioni, infatti, il pensiero ripetitivo è il sintomo di un disturbo sottostante, come il disturbo d’ansia generalizzato o il disturbo ossessivo-compulsivo.
Sintomi dell’overthinking: come riconoscerlo
I sintomi dell’overthinking sono più comuni di quanto si pensi, ma spesso vengono sottovalutati. Un primo campanello d’allarme è la difficoltà a prendere decisioni, anche banali, come scegliere cosa mangiare o cosa indossare. Chi pensa troppo si blocca nella fase di analisi, temendo di sbagliare o di non aver considerato tutte le possibilità.
Altri segnali sono:
- Pensieri ricorrenti e incontrollabili su eventi passati o futuri;
- Senso costante di preoccupazione, anche senza motivi concreti;
- Affaticamento mentale, difficoltà di concentrazione e insonnia;
- Tendenza all’autocritica e alla colpa esagerata.
L’overthinking può manifestarsi anche a livello fisico, con tensione muscolare, mal di testa, problemi digestivi e un generale stato di stanchezza. È importante sottolineare che questi sintomi, se persistenti, possono influire negativamente sulla qualità della vita, sulle relazioni e sul lavoro.
Tecniche per gestire l’overthinking
L’overthinking non si elimina con uno schiocco di dita, ma è possibile imparare a gestirlo con strategie psicologiche efficaci. Uno dei primi passi è diventare consapevoli del proprio stile di pensiero, magari con l’aiuto della mindfulness: una pratica che allena la mente a osservare i pensieri senza giudicarli.
Un altro strumento utile è la ristrutturazione cognitiva, tipica della terapia cognitivo-comportamentale. Consiste nel riconoscere i pensieri irrazionali e sostituirli con alternative più realistiche e funzionali. Anche la scrittura espressiva, cioè mettere nero su bianco le proprie preoccupazioni, può ridurre l’intensità del rimuginio.
Infine, è fondamentale riportare l’attenzione sul presente: esercizi di respirazione, attività fisica o semplici momenti di pausa aiutano a interrompere il ciclo dei pensieri ripetitivi. In alcuni casi, però, può essere utile affidarsi a uno psicologo o psicoterapeuta, soprattutto quando l’overthinking si associa a disturbi più gravi.
Overthinking e Partita IVA: un accenno importante
Sebbene l’overthinking sia un tema di carattere psicologico, è importante ricordare come questo fenomeno sia molto diffuso tra chi lavora in proprio, come freelance o titolari di partita IVA. Le responsabilità, l’incertezza economica e l’assenza di un confine netto tra vita privata e professionale possono favorire la comparsa di pensieri ossessivi e preoccupazioni continue.
Capita spesso di rimuginare sulle scelte professionali, sui preventivi da fare, sulla concorrenza o su clienti difficili. In questi casi, è utile imparare a definire limiti mentali e orari, delegare dove possibile e adottare tecniche di organizzazione per alleggerire il carico mentale quotidiano.
Overthinking – Domande frequenti
L’overthinking è il pensare eccessivo e ripetitivo su eventi passati o futuri, spesso accompagnato da ansia e indecisione.
L’overthinking è un disturbo mentale?Non è di per sé un disturbo mentale, ma può essere un sintomo di ansia, depressione o altri problemi psicologici.
Come si può smettere di pensare troppo?Con tecniche come la mindfulness, la terapia cognitivo-comportamentale e l’organizzazione della propria routine quotidiana.
L’overthinking può influire sul lavoro?Sì, può ridurre la produttività, aumentare lo stress e rendere più difficile prendere decisioni rapide e chiare.
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