La morte innesca una serie di trasformazioni biologiche ineluttabili nel corpo umano. Tra i fenomeni meno noti, e forse più inquietanti, c’è il cosiddetto “parto in bara”, tecnicamente noto come estrusione fetale post-mortem. Questo evento raro, che si verifica in circostanze specifiche, è da tempo oggetto di curiosità e studi. Ma cosa succede esattamente e può succedere davvero?

La Decomposizione e la Pressione che Espelle il Feto
Il processo ha una chiara base scientifica legata alla decomposizione corporea. Dopo il decesso, il corpo inizia un percorso di degradazione che coinvolge due fasi principali prima di poter portare al fenomeno:
- Autolisi: Le cellule iniziano a autodigerirsi a causa degli enzimi interni.
- Putrefazione: I batteri residenti nell’intestino – il microbioma – iniziano a moltiplicarsi e a consumare i tessuti. Questo processo rilascia una notevole quantità di gas (principalmente metano, anidride carbonica e acido solfidrico) all’interno delle cavità corporee.
Come spiegato da esperti di tanatologia, tra cui Lauren, un’impresaria di pompe funebri molto attiva sui social media per divulgare la scienza post-mortem, l’accumulo di gas provoca un gonfiore progressivo (enfisema post-mortem). In una donna che era incinta, l’utero è già rilassato e dilatato. Quando la pressione interna addominale aumenta a dismisura, l’utero e il canale del parto diventano la via di minor resistenza.
“Quello che chiamiamo ‘parto in bara’ avviene quando i gas di decomposizione si accumulano nell’addome e la pressione diventa così alta da spingere il feto fuori dall’utero attraverso il canale del parto,” afferma l’esperta.
L’estrusione fetale post-mortem è quindi un evento meccanico, non un atto di nascita vero e proprio. Avviene di solito entro 48-72 ore se il corpo non viene adeguatamente conservato tramite refrigerazione, imbalsamazione o autopsia. È fondamentale sottolineare che in quasi la totalità dei casi, il feto è deceduto prima o contestualmente alla madre.
Casi Documentati e Riferimenti Storici
Sebbene sia estremamente raro nella pratica moderna e molti professionisti del settore funerario non ne abbiano mai assistito direttamente, il fenomeno è storicamente documentato in letteratura medica e forense. La rarità è dovuta anche alle pratiche di conservazione moderne.
Un riferimento storico notevole è riportato in un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Journal of Forensic Sciences, che ha analizzato vari casi. Sebbene i dettagli siano macabri, tali documentazioni confermano che l’espulsione, parziale o totale, può avvenire a causa della pressione dei gas.
Esempi recenti, citati nelle cronache, includono casi tragici che sono stati oggetto di indagini approfondite, come quello di Shannan Watts nel 2018 (incinta di 15 settimane) o di Laci Peterson nel 2002 (incinta di otto mesi). In questi contesti, i rapporti medico-legali hanno evidenziato la presenza di un’estrusione fetale (totale o parziale) come conseguenza del processo di decomposizione dopo la morte violenta.
Questi eventi, pur scioccanti, dimostrano come la tanatologia, la scienza che studia la morte, riveli processi biologici inevitabili e talvolta imprevedibili. Comprendere il “parto in bara” scientificamente aiuta a demistificare e ridurre il mistero che circonda i fenomeni post-mortem.
Conclusione
L’estrusione fetale post-mortem non è un mito, ma una conseguenza biologica e meccanica della pressione dei gas generati dalla decomposizione. Non è un evento comune, ma resta uno degli aspetti più insoliti e scientificamente complessi della trasformazione del corpo dopo il decesso. Per approfondire la scienza della morte e della decomposizione, si consiglia la lettura di articoli specialistici sul tema della tanatologia forense su siti autorevoli come il National Center for Biotechnology Information (NCBI).
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