Da decenni gli scienziati si chiedono perché non abbiamo ancora trovato tracce di vita extraterrestre intelligente. Un nuovo studio propone una spiegazione inaspettata: le civiltà aliene potrebbero essere molto simili a noi — e forse semplicemente non sono più interessate a esplorare l’universo.

Gli alieni potrebbero essere più simili a noi di quanto pensiamo
Secondo il Dott. Robin Corbet, ricercatore senior della NASA e dell’Università del Maryland, le civiltà aliene potrebbero aver raggiunto un livello tecnologico solo leggermente più avanzato del nostro. In altre parole, la loro tecnologia non sarebbe così “fantascientifica” come spesso immaginiamo, ma il frutto di un’evoluzione naturale e limitata.
Corbet spiega questa idea con un esempio semplice: “È come avere un iPhone 42 invece di un iPhone 17”. Un progresso, sì, ma non una rivoluzione. Questa visione si basa sul cosiddetto principio di “ordinarietà radicale”, secondo cui anche le specie più avanzate devono affrontare limiti fisici e scientifici simili ai nostri:
- Regolite: Il Vetro Lunare della NASA per Habitat Spaziali
- Un buco invisibile: l’Anomalia Magnetica del Sud Atlantico e i suoi effetti
- L’oggetto “cilindrico” su Marte è una cometa interstellare
- nessuna capacità di viaggiare più veloce della luce,
- difficoltà nello sfruttare energia oscura o materia dei buchi neri,
- limiti nel mantenere segnali o strutture visibili su scala galattica.
Di conseguenza, una civiltà del genere potrebbe esaurire la propria curiosità cosmica, decidendo di non investire più risorse nell’esplorazione interstellare.
Scetticismo e nuove ipotesi sulla “Grande domanda” di Fermi
Non tutti gli studiosi concordano con questa teoria. Il professore Michael Garrett dell’Università di Manchester la ritiene troppo “umana” nel modo di interpretare l’evoluzione tecnologica. Secondo lui, molte civiltà post-biologiche potrebbero svilupparsi a una velocità tale da diventare invisibili ai nostri strumenti, andando ben oltre ciò che possiamo immaginare.
Anche Mike Bohlander, esperto di scienza e diritto dell’Università di Durham, invita a considerare un’altra possibilità: i fenomeni aerei non identificati (UAP) potrebbero rappresentare i primi indizi concreti della presenza di esseri avanzati sulla Terra. Se solo una minima parte di questi fenomeni fosse davvero di origine extraterrestre, la risposta alla famosa domanda di Enrico Fermi — “Dove sono tutti?” — potrebbe essere proprio qui, davanti ai nostri occhi.
Una nuova prospettiva sulla solitudine cosmica
La teoria di Corbet ribalta il paradigma classico della ricerca di vita extraterrestre, suggerendo che il silenzio cosmico potrebbe non derivare dall’assenza di civiltà, ma dalla loro scelta di non comunicare più.
Sarà la scienza del futuro, con nuove missioni e telescopi, a dirci se questa ipotesi nasconde davvero la verità dietro il mistero più affascinante dell’universo.
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