Entrate in un bar, aprite un social network o accendete la televisione durante il telegiornale. Noterete un pattern costante: la cronaca nera, i disastri ambientali e le crisi economiche occupano il centro della scena. Non è un caso, né una semplice scelta editoriale cinica. Esiste una forza invisibile, radicata profondamente nel nostro cervello, che ci spinge a cliccare su quel titolo allarmante o a soffermarci sulle immagini di una tragedia.
Questa attrazione non ci rende persone cattive o morbose. È, in realtà, un meccanismo di sopravvivenza che ha servito l’umanità per millenni, ma che nell’era dell’informazione digitale sta creando un cortocircuito cognitivo senza precedenti.

Il bias di negatività: un’eredità del Pleistocene
Il motivo principale per cui siamo attratti dalle notizie negative risiede in quello che gli psicologi chiamano bias di negatività (o negativity bias). Per i nostri antenati, ignorare un tramonto spettacolare non portava conseguenze, ma ignorare il fruscio di un predatore nell’erba alta significava la morte.
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Secondo uno studio fondamentale dei ricercatori Baumeister, Bratslavsky, Finkenauer e Vohs, intitolato “Bad Is Stronger Than Good”, gli eventi negativi hanno un impatto psicologico molto più forte di quelli positivi. Il nostro cervello è programmato per dare la priorità alle minacce rispetto alle opportunità.
- L’amigdala: Questa piccola struttura cerebrale funge da sentinella. Quando rileviamo un pericolo, l’amigdala si attiva immediatamente, innescando una risposta emotiva prima ancora che la parte razionale del cervello (la corteccia prefrontale) possa elaborare l’informazione.
- Velocità di elaborazione: Gli stimoli negativi vengono elaborati più velocemente dal sistema nervoso centrale. In termini evolutivi, la rapidità di reazione alla paura era la differenza tra la vita e la morte.
La psicologia del click: perché i media scelgono il dramma
Esiste una regola non scritta nel giornalismo anglosassone: “If it bleeds, it leads” (se c’è sangue, va in prima pagina). I direttori delle testate sanno bene che l’engagement degli utenti aumenta con le notizie negative.
Un esperimento condotto dai ricercatori della McGill University ha utilizzato la tecnologia di eye-tracking per osservare come i lettori interagiscono con le notizie. Anche quando i partecipanti dichiaravano di preferire storie positive, i loro occhi venivano sistematicamente catturati dai titoli riguardanti corruzione, ipocrisia e disastri.
Questa discrepanza tra ciò che diciamo di volere e ciò che effettivamente consumiamo crea una domanda di mercato che l’algoritmo dei social media soddisfa con precisione chirurgica. La psicologia del consumo di notizie negative suggerisce che siamo alla costante ricerca di informazioni che ci permettano di mappare il mondo e i suoi pericoli, sperando di evitarli.
L’effetto del “Mondo Cattivo” e la nostra salute mentale
Vivere costantemente immersi in un flusso di tragedie produce un fenomeno noto come Mean World Syndrome (Sindrome del mondo malvagio), termine coniato dal sociologo George Gerbner.
“Chi guarda molta televisione tende a percepire il mondo come un luogo molto più pericoloso di quanto non sia in realtà.” — George Gerbner
L’esposizione continua a notizie ansiogene e catastrofiche altera la nostra percezione della realtà. Sebbene i dati globali indichino che, in molti ambiti, l’umanità sta facendo progressi (si pensi alla diminuzione della povertà estrema documentata da Our World in Data), la nostra percezione è che tutto stia peggiorando.

Questo sovraccarico informativo genera:
- Aumento del cortisolo: L’ormone dello stress rimane costantemente elevato, danneggiando il sistema immunitario.
- Ansia da doomscrolling: L’atto compulsivo di scorrere notizie negative, che crea un circolo vizioso di preoccupazione.
- Desensibilizzazione: Con il tempo, diventiamo meno empatici verso il dolore altrui perché il nostro sistema emotivo è saturo.
Come proteggere la propria attenzione
Riconoscere che il cervello umano cerca minacce per istinto è il primo passo per riprendere il controllo. Non si tratta di ignorare la realtà, ma di consumare l’informazione in modo consapevole.
1. Limitare il tempo di esposizione
Stabilire finestre temporali specifiche per consultare le notizie evita che il senso di allarme pervada l’intera giornata. Evitare i notiziari appena svegli o prima di dormire aiuta a mantenere bassi i livelli di stress.
2. Cercare il giornalismo costruttivo
Il Solution Journalism è un approccio che non ignora i problemi, ma si concentra sulle risposte e sulle possibili soluzioni. Questo aiuta a contrastare il senso di impotenza che spesso deriva dalla cronaca nera.
3. Verificare le fonti e i dati
Spesso i titoli sono costruiti per massimizzare la paura. Consultare fonti istituzionali o report statistici, come quelli forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, può riportare le notizie in una prospettiva più equilibrata e meno emotiva.
Il ruolo degli algoritmi e dell’economia dell’attenzione
Oggi non siamo solo noi a cercare le cattive notizie; sono le cattive notizie a trovare noi. Gli algoritmi di Facebook, X (Twitter) e Instagram sono ottimizzati per massimizzare il tempo di permanenza sulla piattaforma. Poiché il contenuto negativo genera reazioni più forti (commenti, condivisioni di sdegno, dibattiti accesi), i sistemi automatizzati tendono a mostrare prioritariamente questi post.
Questo crea una bolla informativa dove il conflitto sembra onnipresente. In questo contesto, la consapevolezza digitale diventa una competenza essenziale. Dobbiamo capire che ciò che vediamo sullo schermo non è un campione rappresentativo dell’intera umanità, ma una selezione di eventi scelti perché capaci di catturare la nostra attenzione più fragile.
In definitiva, la nostra attrazione per l’oscurità è un residuo biologico che si scontra con una tecnologia iper-efficiente. Essere informati è un diritto e un dovere, ma proteggere la propria serenità mentale è una necessità biologica a cui non dovremmo rinunciare in nome dell’ultimo titolo sensazionalistico.
Domande Frequenti
Cos’è il doomscrolling e perché fa male? Il doomscrolling è l’atto di scorrere senza sosta notizie negative sui social media. Questa abitudine è dannosa perché mantiene il cervello in uno stato di allerta costante, aumentando i livelli di ansia e depressione, riducendo drasticamente la qualità del sonno e la capacità di concentrazione nelle attività quotidiane.
Perché i telegiornali danno solo notizie brutte? I media si concentrano sulla negatività perché attira un numero maggiore di spettatori rispetto alle storie positive. Questo fenomeno è guidato dal nostro istinto di sopravvivenza, che ci spinge a dare priorità alle minacce. Di conseguenza, le redazioni privilegiano contenuti drammatici per mantenere alti i livelli di ascolto e i ricavi pubblicitari.
Esiste un modo per smettere di essere ossessionati dalle cattive notizie? Sì, è possibile mitigare questa tendenza praticando il consumo consapevole. È utile disattivare le notifiche “breaking news” sul telefono, scegliere fonti che praticano il giornalismo costruttivo e bilanciare la lettura dei problemi globali con storie di successo o progressi scientifici, ricordando che la realtà non è composta solo da crisi.
Qual è l’impatto biologico delle notizie negative sul cervello? La visione di contenuti spaventosi attiva l’amigdala, che rilascia ormoni dello stress come adrenalina e cortisolo. Se questa attivazione è frequente, il sistema nervoso fatica a tornare in equilibrio, portando a stanchezza cronica e a una percezione distorta del mondo, che appare molto più ostile e pericoloso della media statistica.
Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!




