Poliomielite: Europa potrebbe essere ancora a rischio contagio

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La poliomielite è una grave malattia infettiva a carico del sistema nervoso centrale che colpisce soprattutto i neuroni motori del midollo spinale. Descritta per la prima volta da Michael Underwood, medico britannico, nel 1789, la poliomielite è stata registrata per la prima volta in forma epidemica nell’Europa di inizio XIX secolo e poco dopo negli Stati Uniti.

A causare la poliomielite è un enterovirus chiamato poliovirus, la cui trasmissione tra gli esseri umani avviene soprattutto per via oro-fecale.
Per i malati di poliomielite, l’interessamento del sistema nervoso centrale può avere esito fatale; fortunatamente, però, questo fenomeno è molto raro (riguarda un 6% dei casi), mentre è molto più comune la forma lieve (o minore) della malattia, quella in cui il poliovirus si limita a invadere l’intestino.

In generale, la polio ha effetti più devastanti sui muscoli delle gambe che su quelli della braccia. Le gambe perdono tono muscolare e diventano flaccide, una condizione nota come paralisi flaccida. In casi di infezione estesa a tutti gli arti, il malato può diventare tetraplegico. Nella forma più grave, quella bulbare, il virus paralizza i muscoli innervati dai nervi craniali, riducendo la capacità respiratoria, di ingestione e di parola. In questo caso, è necessario supportare il malato con ausili nella respirazione.

Il poliovirus si moltiplica nella mucosa oro-faringea, nell’intestino e nei tessuti linfatici sottostanti e può diffondersi anche attraverso le feci, ben prima che i sintomi della malattia siano evidenti. L’uomo rappresenta l’unico serbatoio naturale del virus della poliomielite, che può colpire persone di tutte le età ma principalmente si manifesta nei bambini sotto i tre anni.

Poliomielite: Europa potrebbe essere ancora a rischio contagio

Poliomielite: Europa potrebbe essere ancora a rischio contagio

Purtroppo, non esiste ancora una cura specifica contro la poliomielite; i pazienti, quindi, devono aspettare che la patologia faccia il suo decorso, affidandosi unicamente ai trattamenti sintomatici pianificati sulla base della gravità dell’infezione.

La diffusione della polio ha raggiunto un picco negli Stati Uniti nel 1952 con oltre 21mila casi registrati. In Italia, nel 1958, furono notificati oltre 8mila casi. L’ultimo caso americano risale al 1979, mentre nel nostro paese è stato notificato nel 1982.

Oggi, la poliomielite è molto rara, soprattutto nei Paesi industrializzati, ma un tempo, prima dell’avvento del primo vaccino anti-polio (1955), era un’infezione virale diffusa in tutte le parti del globo, soprattutto tra i più giovani, e temuta dall’intera popolazione mondiale.

La bassa incidenza attuale della poliomielite è frutto di un programma di eradicazione di questa malattia, iniziato nel 1988 e pianificato da OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), UNICEF e Fondazione Rotary. In questi ultimi anni, il suddetto programma (che consiste nella vaccinazione di massa) è stato così efficiente, che ha portato a una riduzione dei casi di poliomielite del 99%.

Eppure il pericolo non è del tutto scampato: dall’inizio dell’anno sono stati già confermati 8 casi, 3 in più rispetto allo stesso periodo del 2017, riporta l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) nel suo bollettino, secondo cui “l’importazione di infezioni o di casi di polio in Europa rimane possibile“.

In caso di importazione del virus che porti a una circolazione in Ue, il rischio di infezione per i residenti sarà molto basso per le popolazioni vaccinate, e alto per gruppi non o scarsamente immunizzati”.

La malattia attualmente è considerata endemica solo in Nigeria, Pakistan e Afghanistan, con la Regione Europea che ha lo scorso anno festeggiato i 15 anni ‘polio free’ e l’Oms che ha dichiarato che il mondo “non è mai stato così vicino all’eradicazione”.

In tutto il 2017 sono stati registrati solo 17 casi, mentre dall’inizio dell’anno ne sono stati segnalati sette in Afghanistan e uno in Pakistan, a cui si aggiungono tre casi di infezione da virus derivante da vaccino, che si sviluppa quando viene usato il tipo di immunizzazione più vecchio in presenza di coperture scarse, in Repubblica Democratica del Congo.

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