Protesi robotica, donna controllerà il braccio bionico col pensiero

VEB

Medici e scienziati sono concordi: il futuro, anche della medicina, è hi-tech, anche se l’esperienza e il ruolo del medico in carne ed ossa non vanno mai messi in discussione.

In primis la chirurgia robotica:  il chirurgo robot, oltre a ridurre la percentuale di errore, permette di effettuare interventi meno invasivi, più brevi e che richiedono tempi di recupero che in alcuni casi si riducono a poche ore rispetto ai giorni o alle settimane delle tecniche tradizionali, per di più a tutto vantaggio dei costi e dell’efficienza dei reparti ospedalieri.

Ma anche il settore delle protesi è sempre più pervaso dalla tecnologia, con l’uso di nuovi materiali ma anche tecniche all’avanguardia.

Addirittura si comincia a parlare sempre più concretamente di cyborg, un superuomo con parti robotiche e componenti biologiche, ultimo stadio di un processo di artificializzazione del corpo umano che diventa così sempre più efficiente e praticamente senza limiti.

Senza voler volare troppo con la fantasia, oggi il corpo umano è in gran parte riproducibile. Organi artificiali, arterie sintetiche, arti robot: ad esempio la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha realizzato una mano robotica con sensori tattili integrati che non necessita di intervento chirurgico per essere impiantata.

Un progetto analogo è stato promosso dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova che, in collaborazione con l’Inail, ha creato una mano robotica in materiale plastico del peso di 500 grammi.

Notizia di queste ore vede, invece, protagonista una donna di 27 anni, che un anno e mezzo fa ha perso il braccio destro in seguito a un grave incidente stradale, ed ora potrà controllare una nuova protesi all’arto con il pensiero grazie alla re-innervazione muscolare mirata o Targeted Muscle Reinnervation.

L’intervento chirurgico è stato eseguito al Policlinico Universitario Campus Bio-Medico da Vincenzo Denaro, ordinario emerito di Ortopedia e Traumatologia dell’ateneo, affiancato dalla sua équipe e da Oskar Aszmann, chirurgo viennese che ha già effettuato interventi di questo tipo.

La donna, fino ad oggi, ha indossato soltanto una protesi cosmetica incapace di eseguire alcun movimento.

“La fase di training intensivo necessaria per insegnare alla paziente a muovere l’arto bionico in modo appropriato dovrebbe durare circa tre mesi e avviarsi dopo i primi 4-6 mesi di riabilitazione, utili per il completamento del processo di reinnervazione muscolare” rende noto il Campus Bio-Medico.

In parole semplici, quello che rende straordinario questo intervento è che la protesi sarà mossa da sensibili elettrodi di superficie, attivati dai vari fasci del muscolo grande pettorale e da altri muscoli del tronco adeguatamente rieducati. Ecco, in ciò consiste la reinnervazione muscolare mirata, che le consentirà appunto di prendere e manipolare gli oggetti.

Vincenzo Di Lazzaro, ordinario di Neurologia presso Ucbm, ha quindi sottolineato che l’operazione è stata «un intervento avveniristico, con pochissimi precedenti nel mondo e che rappresenta la prima tappa di un percorso che prevede ora lo studio dei processi di stimolazione, seguito dall’apposizione degli elettrodi di superficie e infine della protesi intelligente».

«Se la rieducazione funzionale di questi fasci andrà come speriamo, quando dal cervello partirà il comando per impugnare un oggetto o piegare il braccio, i tre grandi nervi genereranno delle contrazioni dei rispettivi fasci muscolari che gli elettrodi di superficie interpreteranno e trasformeranno in impulsi in grado di far muovere la protesi», ha concluso.

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