Radiologia, gli ospedali hanno attrezzature troppo obsolete

VEB

Gli ospedali italiani hanno attrezzature per la radiologia troppo spesso obsolete

Per i pazienti, costretti a sopportare spesso liste d’attesa infinite ed ad accontentarsi di risultati troppo spesso approssimativi, o comunque non all’altezza di quelli ottenibili in una qualsiasi struttura privata in cui però si pagano tariffe non indifferenti, non è certo una novità.

In Italia sono infatti 6.400 le apparecchiature di diagnostica per immagini “obsolete”, che hanno cioè superato la soglia di “adeguatezza tecnologica” attestata tra i 5 e i 7 anni: lo afferma un’indagine del Centro Studi Assobiomedica che indaga la dotazione del Sistema sanitario nazionale, dalle Tac alle Pet, passando per i mammografi.

Particolarmente grave è lo stato di “vetustà” delle apparecchiature radiologiche come i mammografi convenzionali e telecomandati, come Pet (tomografia a emissione di positroni), Rmn (risonanza magnetica) e Tc (Tomografia computerizzata), che hanno visto un peggioramento rispetto agli anni passati.

Un dato che viene reso ancor più serio dal fatto che almeno il 50 per cento degli strumenti utilizzati a livello ospedaliero sarebbe ancora analogico.

«L’indagine – spiega Marco Campione, Presidente dell’Associazione Elettromedicali di Assobiomedica – oltre a confermare il persistere di una grave situazione di invecchiamento del parco installato negli ospedali del nostro Paese, registra un aggravamento del gap tecnologico con il risultato che l’Italia ha perso posizioni rispetto al ranking europeo dell’Ue 27. In Italia, rispetto all’Europa di riferimento, esistono troppe apparecchiature per abitante, troppo vecchie e troppo poco utilizzate. E’ urgente investire in innovazione di qualità, anche per mezzo della dismissione di tecnologie obsolete».

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