Il mondo è pieno di misteri che ci affascinano, specialmente nell’era digitale dove ogni anomalia può diventare virale. Dal flash di un ricordo che sembra non esserci mai stato al timore che il web sia ormai solo un palcoscenico per i bot, la voglia di dare una spiegazione razionale è forte. In questo articolo analizziamo alcuni dei fenomeni virali più discussi, svelando cosa dice la scienza (e la psicologia) su queste stranezze. Preparatevi a smontare qualche mito.

Déjà vu: teorie e studi
Quella sensazione improvvisa, fortissima, di aver già vissuto un momento esatto, perfino la parola o l’azione. È il déjà vu, letteralmente “già visto”. Per secoli è stato un campo fertile per la speculazione mistica, ma la neurologia offre una spiegazione scientifica molto più terrena.
Non si tratta di premonizioni o vite passate, ma di un piccolo “corto circuito” nel modo in cui il nostro cervello elabora le informazioni. La teoria più accreditata parla di un’anomalia nel recupero della memoria.
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Immaginiamo il cervello come un computer: a volte, l’informazione in arrivo (il presente) viene accidentalmente indirizzata al percorso di archiviazione della memoria a lungo termine prima che venga pienamente elaborata come evento attuale. Il risultato è che quando la coscienza “legge” la scena, essa viene percepita come qualcosa di già immagazzinato, da qui il senso di familiarità.
Un altro studio, condotto dal ricercatore Akira O’Connor dell’Università di St Andrews, suggerisce che il déjà vu potrebbe essere un segno di un sistema di fact-checking cerebrale sano. Tramite la risonanza magnetica funzionale, ha dimostrato che la sensazione è legata a regioni del lobo frontale, quelle che monitorano i conflitti cognitivi. In sostanza, il cervello si sta auto-correggendo l’errore di memoria, avvisandoci che l’esperienza è nuova, pur sembrando familiare.
Effetto Mandela: falsi ricordi collettivi
L’Effetto Mandela è la dimostrazione più lampante di quanto la nostra memoria sia malleabile, specialmente se corroborata dall’esperienza di massa. Si definisce così la situazione in cui un gran numero di persone è assolutamente convinto di ricordare un evento o un fatto in un modo specifico, che si rivela poi essere completamente errato.
Il nome deriva proprio dal caso più celebre: migliaia di persone sono certe che Nelson Mandela sia morto in carcere negli anni ’80. Invece, morì nel 2013, liberato anni prima.
La spiegazione è da ricercare nei falsi ricordi e nei bias cognitivi. La memoria non è un registratore video: ogni volta che “recuperiamo” un ricordo, lo ricostruiamo, e in questo processo è facile integrare (inconsciamente) informazioni errate. Quando questo accade contemporaneamente a tante persone, spesso per via di una fonte mediatica o di una conversazione online, si crea un falso ricordo collettivo. È la forza della suggestione e della coerenza di gruppo che ci fa preferire la versione distorta.
10 esempi famosi
- Berretti del Monopoly: Molti ricordano il personaggio col monocolo (Mr. Monopoly) con un monocolo. Non l’ha mai avuto.
- C-3PO di Star Wars: In tanti sono convinti fosse completamente dorato. In realtà, una delle sue gambe è argentata (qui un approfondimento sugli Effetto Mandela esempi).
- Il logo Froot Loops: Spesso ricordato come “Fruit Loops”.
- Mirror Mirror: La Regina Cattiva di Biancaneve dice: “Specchio, specchio delle mie brame”. La citazione corretta è “Magic Mirror” (Specchio Magico).
- Pikachu coda: Alcuni lo ricordano con la punta della coda nera, in realtà è interamente gialla.
- “Luke, io sono tuo padre”: La frase di Darth Vader è in realtà: “No, io sono tuo padre”.
- Lo schianto dell’auto del Presidente Kennedy: Molti ricordano sei posti nell’auto, non quattro.
- Il “Thinker” di Rodin: Spesso ricordato con la mano sulla fronte, invece è appoggiata al mento.
- Febbre da cavallo, mandalo in brodo: La frase del film è in realtà “Mandalo in clinica”.
- KitKat con il trattino (-): In molti ricordano “Kit-Kat”, ma non ha mai avuto il trattino.
“Internet morto”: che cos’è e perché se ne parla
La teoria dell’internet morto (Dead Internet Theory) è uno dei fenomeni più inquietanti nati nelle culture digitali. L’idea, nata in forum come 4chan, sostiene che l’internet che usiamo quotidianamente – specialmente i social media e i grandi siti – sia in realtà “morto” dal 2016-2017.
Secondo questa teoria, la maggior parte dei contenuti e delle interazioni (commenti, like, tweet) che vediamo non verrebbe da persone reali, ma da bot avanzati e AI che generano traffico e discorsi per manipolare la percezione pubblica, la pubblicità o la politica (qui un link per approfondire la teoria internet morto).
Sebbene sia una teoria cospirazionista estrema, affronta una preoccupazione reale: la crescente presenza di account automatizzati. Gli esperti di sicurezza online confermano che una percentuale significativa del traffico web è generata da bot, usati per scraping, attacchi DDoS o per aumentare metriche social.
The Guardian ha citato stime secondo cui ben il 40% del traffico internet non è umano. Tuttavia, è cruciale distinguere tra la quantità di traffico gestita dai bot (la maggior parte per funzioni tecniche o malevole) e l’interazione umana. I social sono inondati di spam e di deepfake (vedi anche Sicurezza online) ma l’interazione umana, pur diluita e spesso polarizzata, rimane il cuore della rete. Il nostro feed è pieno di contenuti meno autentici, ma non è interamente finto.
Perché il cervello vede pattern (pareidolia)
Avete mai visto una faccia in una presa elettrica? Un animale in una nuvola? Questo fenomeno si chiama pareidolia ed è la tendenza psicologica a percepire forme familiari (soprattutto volti o figure) in stimoli casuali o ambigui.
Non è un sintomo di follia, ma il risultato di un meccanismo evolutivo potentissimo. Il cervello umano è programmato per riconoscere volti in modo rapidissimo: è un istinto di sopravvivenza essenziale per l’interazione sociale e per identificare pericoli o alleati. Quando si trova di fronte a un input caotico (macchie, crepe, ombre), la parte che gestisce il riconoscimento facciale si attiva in modo eccessivo, cercando a tutti i costi di dare un senso a ciò che vede.
La pareidolia, pur essendo divertente (basti pensare ai meme sugli angoli del pane che sembrano Gesù), contribuisce anche a fenomeni di pseudoscienza o credenze popolari, come l’associazione tra Angel Numbers (qui un [cross-link](angel numbers) per chi fosse interessato) e messaggi divini, o la convinzione di vedere “presenze” in foto casuali. È semplicemente il nostro cervello che fa gli straordinari.
Come verificare: metodo semplice per fact-checking personale
Davanti a fenomeni così subdoli come i falsi ricordi o le teorie cospirazioniste, sviluppare un buon senso critico è vitale. Ecco un metodo di fact-checking semplice da applicare a livello personale:
- Verifica della Fonte Originale: Se l’informazione è un fatto (es. “La frase era X”) vai alla fonte primaria. Per l’Effetto Mandela, guarda il film, il cartone o il logo originale. Non fidarti della prima ricerca Google, ma del sito ufficiale o del prodotto stesso.
- Triangolazione: Cerca la stessa informazione su almeno tre fonti indipendenti e autorevoli (università, grandi testate giornalistiche, database scientifici). Se la presunta “verità” appare solo su forum o blog anonimi, è molto probabile che sia errata.
- Cerca la “smentita”: Quando cerchi il fenomeno (es. “déjà vu”), aggiungi sempre termini come “spiegazione scientifica“, “bufala” o “psicologia” alla tua ricerca. Questo indirizza l’algoritmo verso la demistificazione.
FAQ
Il déjà vu è un problema neurologico?
No, nella maggior parte dei casi non lo è. È considerato un fenomeno comune che la scienza attribuisce a lievi disfunzioni transitorie del cervello, in particolare un’anomalia nel sistema di memoria. Solo se il déjà vu diventa molto frequente e accompagnato da altri sintomi, come perdite di coscienza o spasmi, può essere un sintomo di epilessia del lobo temporale, e va indagato con un neurologo.
Perché ricordiamo cose mai accadute?
La ragione principale è l’interferenza della memoria. Il cervello non archivia i dati in modo perfetto, ma li ricostruisce. I falsi ricordi sorgono quando suggestioni esterne (come leggere una storia o parlarne con un amico) si fondono con ricordi reali. Nel caso dell’Effetto Mandela, l’errore è spesso rafforzato dal consenso sociale, convincendo l’individuo che la versione errata sia quella giusta.
L’internet “dei bot” è reale?
L’internet è pieno di bot, sì, ma l’idea che l’intera rete sia gestita da AI che fingono di essere persone è una cospirazione infondata. È vero che una grande percentuale del traffico è automatizzata (per scansioni, spam o crawler dei motori di ricerca), ma le interazioni umane, i contenuti originali e le discussioni esistono e sono misurabili. La percezione del “bot” deriva dalla standardizzazione dei contenuti e dall’aumento dei profili automatici.
Come distinguere scienza e pseudoscienza online?
Il metodo più efficace è basarsi sul concetto di verificabilità. La vera scienza si fonda su studi pubblicati, rivisti da pari (peer-reviewed) e potenzialmente replicabili. La pseudoscienza si basa su aneddoti, autorità autoproclamate e non offre dati misurabili o verifiche da fonti indipendenti. Cerca sempre se l’affermazione ha una fonte universitaria o un istituto di ricerca riconosciuto.
Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!




