Scompenso cardiaco, improbabile connessione col sesso

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Per scompenso cardiaco si intende una sindrome complessa per cui il cuore si indebolisce e la sua attività diviene insufficiente per l’organismo.
Se si sviluppa un danno irreversibile a carico del cuore, il cuore stesso e tutto il sistema cardiocircolatorio si adattano mettendo in atto meccanismi di compenso: se anche questi tentativi falliscono, si instaura l’insufficienza cardiaca cronica.

L’insufficienza cardiaca cronica è un problema di salute in continua crescita: interessa l’1-2% della popolazione dei paesi occidentali e mantiene un tasso di mortalità ancora elevato nonostante i progressi nella comprensione delle cause e negli sviluppi di nuove terapie.

Lo scompenso cardiaco colpisce oltre 14 milioni di europei e oltre 1 milione di italiani: il numero si stima che raddoppierà entro il 2030.

In Italia ogni hanno si hanno 170 mila nuovi casi di scompenso cardiaco e ogni giorno si verificano 500 ricoveri ospedalieri. Negli ultimi 5 anni il numero di ricoveri per scompenso è aumentato del 40%. Quasi strano a dirsi, ma lo scompenso cardiaco è molto più comune dei più frequenti tumori: mammella, testicoli, utero e intestino.

Scompenso cardiaco improbabile connessione col sesso

Scompenso cardiaco improbabile connessione col sesso

Quando cominciano i primi sintomi di scompenso si può avvertire un senso di stanchezza/debolezza o difficoltà di respiro (mancanza di fiato/respiro corto) specie dopo uno sforzo fisico o quando si è distesi. Nelle fasi più avanzate della malattia i sintomi infarto peggiorano per frequenza ed intensità: si può avvertire difficoltà di respirazione anche dopo semplici attività, come vestirsi o muoversi in casa.

A fare il punto è Fabrizio Oliva, direttore della Struttura complessa di Cardiologia 1-Emodinamica all’ospedale Niguarda di Milano, in occasione dell’evento formativo ‘Esperienze a confronto 2017. Updates and best practice in Hf’ che si è svolto a Pero, alle porte del capoluogo lombardo.

“Una persona con scompenso cardiaco – spiega lo specialista – se non ospedalizza, costa in media 600-700 euro all’anno, altrimenti siamo intorno ai 5.600 euro”. E poi c’è la prognosi: “La mortalità intraospedaliera è intorno al 6-8%; quella a un anno dal ricovero intorno al 25%, con punte del 45% negli over 75”, indipendentemente dalla gravità dell’insufficienza d’organo. Da qui l’importanza cruciale di “riuscire a tenere il paziente fuori dall’ospedale”, sottolinea Oliva che, parlando del caposaldo prevenzione, pone l’accento anche sul ruolo di ambiente e stili di vita.

Per fortuna, un nuovo farmaco, disponibile dalla primavera scorsa anche nel nostro Paese, abbatte la mortalità cardiovascolare del 20% allungando la vita dei malati di un anno e 3 mesi in media. “Sembra poco, invece in medicina è un grande risultato specie in pazienti così gravi”.

Protagonista della svolta o il mix sacubitril/valsartan, indicato per ora contro lo scompenso cardiaco cronico di tipo sistolico. Quello, cioè, che compromette la funzione di pompa del cuore. La terapia agisce con un doppio meccanismo inedito: alla vasodilatazione e al calo pressorio prodotti dal valsartan (un inibitore del recettore di tipo 1 dell’angiotensina II) si unisce l’effetto del sacubitril, inibitore di un enzima, la neprilisina, che degrada alcuni ormoni fabbricati dal muscolo cardiaco per ridurre la pressione arteriosa e favorire l’eliminazione del sodio attraverso le urine.

Parallelamente, poi, uno studio statunitense presentato in una sessione del congresso dell’American Heart Association 2017 (che si tiene in California) ha confermato, sia pure in via preliminare, quello che in realtà è un dato già acquisito nella comunità scientifica: l’attività sessuale è raramente associata ad un arresto cardiaco.

Per determinare se l’attività sessuale possa innescare un arresto cardiaco improvviso, i ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche di 4.557 casi di arresto cardiaco negli adulti, tra il 2002 e il 2015, in una comunità negli Stati Uniti nord-occidentali (Portland, Oregon) . Ed ecco i risultati. Sul totale dei casi esaminati, solo 34 arresti cardiaci si sono verificati durante o entro un’ora dal rapporto sessuale e 32 di coloro che ne sono stati colpiti sono uomini (94 per cento del campione).

Lo studio ha anche scoperto che la rianimazione cardiopolmonare è stata eseguita solo in un solo terzo dei casi, nonostante fosse presente il partner.

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